La vittoria di Rigi per tutti Anche per chi lo insulta
mercoledì 11 settembre 2024
Si è chiusa una meravigliosa estate sportiva azzurra: prima i Giochi Olimpici, poi quelli Paralimpici e infine gli US Opens di tennis, a New York. È difficile scegliere un simbolo, un momento, un istante: cosa resterà nel cuore dei tifosi italiani che hanno visto portare a casa 111 medaglie e la vittoria di Jannik Sinner nel secondo grande slam della sua carriera? Scegliere è complicatissimo e rischia di far torto a tanti: la storica medaglia d’oro della squadra femminile di pallavolo, l’incredibile argento nei 10.000 metri di Nadia Battocletti o il bronzo della nostra infinita Bebe Vio Grandis? Quale istante resterà più a lungo impresso nella nostra memoria? Il servizio del basso sul match point della finale del doppio femminile a Parigi con cui Sara Errani porta a casa un oro senza precedenti con Jasmin Paolini? Il quarto posto di Benedetta Pilato per un solo centesimo di secondo nella finale dei 100 metri rana? O l’incredibile finale dei 100 metri in pista, dove Ambra Sabatini, in quel momento in testa, cade, travolge involontariamente Monica Contraffatto e consegna la vittoria alla terza compagna di squadra, Martina Caironi, all’ultima gara in carriera, in un mix di lacrime di gioia e di dolore? Ciascuno di noi conserverà il “suo” ricordo ed è giusto così. Io scelgo un atleta che, a mio giudizio, tiene insieme tutte le infinite storie di questa estate sportiva: si chiama Rigivan Ganeshamoorthy e ha vinto lanciando il disco dalla carrozzella dove lo costringe la sindrome di Guillaim-Batté, una patologia che provoca la progressiva paralisi degli arti, prima inferiori e poi superiori. Rigi (lo chiamano tutti, ma proprio tutti, così) ha venticinque anni, due genitori originari dello Sri Lanka, la pelle scura, un accento romano spiccatissimo, il sondino nel naso per l’ossigeno, un amore folle per la pasta cacio e pepe, si allena lanciando in un campo di grano a Dragona e ha dedicato la sua vittoria “a mi madre, a Roma, ar decimo municipio”. Dal punto di vista sportivo ha fatto una cosa mai riuscita a nessun essere umano: battere, nel corso della stessa gara, tre volte consecutivamente il record del mondo. Poi, con al collo la medaglia d’oro, si è distinto per una disarmante e meravigliosa normalità tenendo insieme la capacità di realizzare un’impresa sportiva letteralmente senza precedenti con una simpatia, una genuinità, un senso dell’ironia e il sorriso più sincero di qualsiasi sportivo che io possa ricordare. Certo la sua trasparenza, come sempre accade, ha dato fastidio a qualcuno che ha commentato sui suoi social con frasi razziste. La risposta la lasciamo alle sue parole, con ammirazione e con una grande grazie, sottoscrivendo anche le virgole: “Sono ignoranti, nel pieno senso della parola. Ignorano che il mondo sta cambiando, ignorano che le persone non vanno giudicate ed emarginate per il colore della pelle, ignorano che ci sono tanti ragazzi nati in Italia, cresciuti in Italia e con studi compiuti in Italia. L’unica differenza è che abbiamo genitori originari di altri paesi. La mia medaglia appartiene a tutti gli italiani, anche a quelli che mi insultano”. Daje, Rigi. © riproduzione riservata
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