La versione di Mike oltre la tv: non solo re dei quiz
giovedì 24 ottobre 2024
L’altro Mike, quello a luci spente, fuori dagli studi televisivi, la persona, il Michael Nicholas Salvatore nato a New York nel 1924, e non il personaggio Mike Bongiorno, il mito della tv italiana. Così Rai 1, con le due puntate della miniserie Mike, in onda lunedì e martedì in prima serata, ha reso omaggio, in occasione del centenario della nascita, a un uomo della televisione che forse molto più di altri si è identificato (o è stato identificato) con la televisione stessa e in particolare con uno dei generi che fin dall’inizio della programmazione la caratterizzò: i quiz a premi, dove il ruolo del presentatore fu subito chiaro che sarebbe stato fondamentale nella triplice veste di padrone di casa, di esaminatore, di premiatore-punitore, ma anche di difensore dei concorrenti. In questo Mike Bongiorno (senza la «u» come sembra abbia fatto notare lui stesso all’esame di maturità) si dimostrò perfetto, personaggio a tutti gli effetti pur non avendone le caratteristiche peculiari. Agli occhi del telespettatore medio, che in lui ci si rispecchiava volentieri, sembrava una persona comune, modesta, anche dal punto di vista culturale, ma stando appunto alla miniserie tv era forse tutt’altro. Quantomeno aveva alle spalle una vita vissuta, a tratti drammatica, tormentata, che lo aveva segnato e formato più di ogni scuola. Ed è appunto quello che racconta questa fiction diretta da Giuseppe Bonito e sceneggiata da Salvatore De Mola sulla base dell’autobiografia La versione di Mike, scritta dallo stesso presentatore con il figlio Nicolò. Il momento del grande successo di Rischiatutto all’inizio degli anni Settanta diventa il pretesto per un’immaginaria intervista a Mike, quasi una seduta psicoanalitica, dalla quale partono in forma di flashback i capitoli a ritroso della vita di un giovane diviso fra Stati Uniti e Italia, fra padre e madre, fra guerra e ricostruzione, che da staffetta partigiana ha rischiato per ben due volte di essere fucilato dai nazisti, che si è conquistato il successo con volontà e capacità, che amava parlare del lavoro e non di sé, anche se non era una macchina («Ho dei sentimenti anch’io, cerco solo di lasciarli fuori dal palco»), che ha avuto appunto anche una vita sentimentale travagliata fino all’incontro con Daniela Zuccoli, la ragazza che sposerà nel 1972 e che resterà al suo fianco fino all’ultimo giorno e che ora compare, a parte che nella finzione con il volto di Valentina Romani, nella realtà come produttrice associata di questa miniserie prodotta da Rai Fiction e Viola Film, ben interpretata da Claudio Gioè, nel ruolo di Mike adulto, e da Elia Nuzzolo, in quello di Mike giovane, nonostante l’evidente differenza fisica tra i due attori. A parte questo, va sottolineato il grande momento di Nuzzolo protagonista anche della fortunata serie Sky sulla storia degli 883, Hanno ucciso l’uomo ragno, nel ruolo di Max Pezzali. © riproduzione riservata
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