Sono 828 milioni le persone che nel mondo soffrono la fame: 50 milioni in più da un anno all'altro. Lo ha dichiarato proprio dalle pagine di Avvenire due giorni fa Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao. Ed è da questi pochi numeri che occorre partire per un ragionamento oggi, Giornata mondiale dell'alimentazione.
Il mondo ha ancora fame, più fame di prima. Anche se ha i mezzi tecnologici per sfamare tutti. Si tratta di una fame che si estende ben oltre le economie cosiddette in via di sviluppo. È una condizione fatta di diseguaglianze distributive, speculazioni sui mercati internazionali, disequilibri lungo le filiere, ma anche di sprechi domestici, disattenzione ai risvolti ambientali, crescita esponenziale dei costi di produzione, senza dire dei cambiamenti climatici che stanno capovolgendo in alcuni casi il "mondo agricolo". Mentre nuovi poveri si sommano a quelli che già c'erano.
Per capire meglio, basta guardare alle notizie di queste ultime settimane. Dice Coldiretti che il prezzo del pane in Italia è cresciuto talmente tanto da far salire, per il 2022, di 900 milioni la spesa prevista per le famiglie. Sempre per gli aumenti generalizzati dei costi degli alimenti, più di un italiano su due taglierà la spesa per il cibo (che sarà probabilmente di qualità inferiore). Solo in Italia (il paese della dieta mediterranea e dei prodotti tipici), pare siano 2,6 milioni le persone costrette a chiedere aiuto per mangiare. Nel mondo, lo abbiamo visto, va ben peggio. Pure dal punto di vista produttivo. Confagricoltura fa notare che dei 570 milioni di agricoltori nel mondo, solo l'1% è strutturato in forma di impresa ma provvede al 70% della domanda globale di cibo. Troppi agricoltori si trovano disarmati a combattere una battaglia più dura di prima.
Cooperazione e solidarietà appaiono essere alcune delle parole d'ordine. Azioni da mettere in atto a tutti i livelli. Partendo da chi può ancora permettersi di acquistare, pur facendo attenzione, gli alimenti che desidera ma che deve imparare a non sprecarli. L'Italia è virtuosa, ma potrebbe esserlo di più. È bene ricordare che (dati Fao), vengono sprecate 1,5 miliardi di tonnellate all'anno di cibo e che la previsione è 2 miliardi entro il 2030. È necessario anche non girarsi dall'altra parte e guardare di più a chi non sa se riuscirà a fare un pasto completo al giorno. Lavorare per accordi di filiera più equi - come chiedono i coltivatori -, è certamente una strada. Serve poi, sempre guardando all'Italia, dare priorità alla definizione di misure efficaci per risollevare le imprese del settore, come ha fatto notare Cia-Agricoltori italiani. Poi ci sono le istituzioni a tutti i livelli. Aumentare la capacità di intervento tecnico e verso le popolazioni, oltre che la ricerca, appaiono sono gli strumenti da usare a livello mondiale. Ricordando una cosa: costa molto meno produrre nuove tecnologie agricole che nuove armi.
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