«È solo l'evento scenico, accattivante per l'occhio, che ci fa afferrare il significato delle tragedie». Semplice e geniale questa osservazione di Robert Louis Stevenson. E, di fatto, una tragedia è colta nella sua vera natura quando l'occhio ne percepisce l'evento scenico. Le immagini televisive di un bombardamento o una strage hanno un'efficacia infinitamente superiore per intensità e rapidità al resoconto di un grande giornalista. Nulla è immediato e potente come la rappresentazione, che giunge alla mente direttamente attraverso il nervo ottico. Questa realtà scenica del mondo non riguarda solo le tragedie, ma tutto la sfera dell' esperibile: da sempre l'uomo, per favorire la preghiera e l'estasi, inscena il rito, che, grazie a un'azione scenica, a costumi, elementi teatrali, colori simbolici, favorisce l'uscita dal tempo, concentrando la nostra attenzione su un'altra realtà, ulteriore, più profonda. La medaglia ha il suo rovescio: drammatizzando, rendendo evento scenico un avvenimento qualsiasi, lo si ingigantisce: da qui i rischi della cosiddetta civiltà dello spettacolo, che può oscurare valori reali e crearne di fasulli, elevandoli a mito. Fittizio, di cartapesta, devastante. Come "Il grande fratello" e fenomeni consimili, che truffano il nervo ottico per ingannare la mente e annichilire l'anima.
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