L'agricoltura italiana coltiva qualità a basso costo. Proprio così, la patria dei buoni prodotti, la culla della tipicità, della saggezza agricola, della bontà, della salubrità e via discorrendo, riesce a produrre tutto ciò con quattro soldi. Eppure, l'agroalimentare nostrano è ormai diventato una macchina in grado di far girare miliardi di euro. Una fonte di prestigio enogastronomico che continuamente ci viene invidiata e copiata.
È di questi giorni, per esempio, una notizia che ha del curioso: per la gestione e manutenzione delle Strade del Vino (uno degli strumenti di successo per la promozione del Made in Italy agricolo), ogni mese vengono spesi appena 5mila euro. Il giro d'affari del cosiddetto turismo del vino è però ormai arrivato a oltre 2,5 miliardi di euro per 4 milioni di enoturisti. È il risultato dello scrupolo e della vocazione al risparmio degli agricoltori? Può darsi, ma certamente qualche risorsa in più non farebbe male. Anche perché proprio questo tipo di attività - mista fra quella agricola e quella turistica - continua ad essere una delle risorse complementari più importanti per l'economia agricola che non naviga certo in acque tranquille.
Basti pensare che - stando ai dati forniti dal Movimento del Turismo del Vino - il numero medio di visitatori delle Strade del Vino tende a raddoppiare nel giro di tre anni: erano 11.800 nel 2004, sono 20.200 nel 2006. Mentre, limitatamente alle oltre 100 Strade del Vino esistenti in Italia (molte però ancora sulla carta), sarebbero oltre 2 milioni le persone coinvolte nelle attività o nei luoghi di questi itinerari, presenti da nord a Sud. Insomma, l'agricoltura non darebbe solamente lavoro agli agricoltori ma ad un vasto «indotto turistico». Se, poi si passa ai numeri più generali, si rimane sorpresi da un altro dato: l'enogastronomia nazionale vale la bella cifra di 20 miliardi di euro all'anno. Buona parte di questi, intimamente collegati proprio alle visite sul territorio di produzione. Si tratta di vere e proprie boccate d'ossigeno per un settore che - stando alle ultime analisi dell'Ismea - avrebbe perso nel 2006 il 3,5% sia in termini di produzione che di valore aggiunto e che a gennaio di quest'anno ha visto crollare del 12% il saldo commerciale con l'estero per colpa delle massicce importazioni di frutta e di ortaggi fuori stagione.
E tutto senza contare - come ha evidenziato la Coldiretti all'apertura della Bit di Milano - che il bilancio dell'agriturismo nel 2006 ha totalizzato oltre 3 milioni di ospiti e un fatturato complessivo pari a circa 900 milioni (+12% sul 2005). Insomma, la filosofia della vacanza in campagna fatta di cultura, paesaggio, natura e buoni cibi sembra continuare - dopo un periodo di incertezza - a mietere successi testimoniati da cifre di tutto rispetto. Tutti grandi numeri, a parte quelli che vengono totalizzati conteggiando le risorse su cui alcuni comparti agroalimentari possono ancora oggi contare.
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