venerdì 14 ottobre 2016
Cade tra pochi giorni l'anniversario della morte di Aldo Capitini, avvenuta il 19 ottobre del 1968, quasi mezzo secolo fa, ed escono quasi contemporaneamente due agili libri che evocano aspetti particolari della sua azione e delle sue "persuasioni": Persone che marciano per la pace (a cura di Amoreno Martellini, Edizioni dell'asino) e Capitini. Educazione, religione, nonviolenza (a cura di Livia Romano, Editrice La Scuola). Il primo ripropone le considerazioni di Capitini e dei suoi amici (alcuni illustri, da Bobbio a Jemolo) a proposito della prima marcia della pace Perugia-Assisi del 1961, ideata da Capitini, e di ben altra forza che quelle successive, rituali retoriche melense e sotto ogni aspetto inefficaci, poiché il pacifismo di Capitini era profondamente ancorato a un'idea di disobbedienza civile ed era eminentemente attivo. Il secondo è un'agile e bellissima antologia degli scritti di Capitini su scuola ed educazione nel loro rapporto, che a lui sembrava indispensabile e indissolubile, con la nonviolenza e con le sue convinzioni di una "religione aperta", fondata sulla compresenza in ogni umana esperienza dei morti e dei viventi, delle creature tutte, fondata sul rispetto per tutte le religioni e su «una pratica – come dice Livia Romano – che coinvolge più soggetti in un percorso comune di crescita spirituale: è nell'incontro tra l'educatore e l'educando che si ha la possibilità di formarsi ad una vita religiosa» non rigidamente confessionale. Forte, secondo le parole dello stesso Capitini, della «non accettazione del male» e che «è rottura, è servizio dell'impossibile, è vivere nell'altro l'inizio della realtà liberata». Rileggere i saggi, gli articoli, le lettere di Capitini antologizzati in questo libro, invita, anzi costringe, a riportarli ai bisogni della società presente, ai suoi disperati scontri di poteri sostenuti dai fanatismi religiosi di appartenenza, anche nel nostro Occidente, e a confrontarli purtroppo all'aridità delle soluzioni proposte dai pensatori (passivi e servili dentro il flusso delle imposizioni del potere economico e mediatico; per non parlare dei politici) e soprattutto alla grande miseria di una scuola e a un pensiero pedagogico eticamente miserrimi, accettanti e servili, di frigida insipienza progettuale e del tutto privi di quell'apertura proposta da Capitini, religiosa, ma anche "politica". Nel senso della responsabilità di tutti verso tutti, soprattutto da parte di chi si assume professionalmente l'onere dell'educare, che non può non essere che "educare con", co-educarsi, aprirsi alla possibilità di una realtà liberata, alla tensione e all'azione per una realtà liberata.
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