Se ci si è occupati, anche da lontano, di carcere riconoscendosi tra chi, non essendo né "ristretto" né "agente", avverte tuttavia l'oggettiva domanda che tale istituzione pone alla società civile e in specie alla coscienza credente, certamente si è già fatto conoscenza con Carmelo Musumeci. Noto alle cronache come "boss della mafia della Versilia", arrestato nel 1991, è stato condannato all'ergastolo ostativo. Da anni, attraverso libri e altre pubblicazioni, un sito web ( tinyurl.com/jgu7ajm ) e una pagina Facebook è impegnato, grazie al sostegno dell'Associazione Papa Giovanni XXIII e di altri amici e volontari, a mobilitare l'opinione pubblica, con straordinaria intensità espressiva, contro quella che egli chiama «pena di morte viva», cercando interlocutori anche all'interno della comunità ecclesiale. Compreso, evidentemente, papa Francesco, che dal canto suo ha ripetutamente testimoniato la sua misericordia verso i detenuti, fino a trasformare le porte delle loro celle in porte sante giubilari.
Non c'è da stupirsi perciò se, in vista del giubileo dei carcerati, che si celebra domenica prossima in San Pietro a Roma, Carmelo Musumeci ha scritto e pubblicato online una Preghiera degli ergastolani. Che ha tre protagonisti: Dio, gli ergastolani e gli "umani" (con le virgolette, che è già una tesi). Dove però Dio è solo l'intercessore, mentre sembrano in effetti gli "umani" quelli a cui è rivolta. Se glielo dici tu, Dio – è la litania che guida l'invocazione – forse comprenderanno la condizione degli ergastolani, che «non hanno paura della morte perché la loro vita non è poi così diversa». E riconosceranno che «una pena che ruba il futuro per sempre, leva anche il rimorso per qualsiasi male uno abbia commesso», mentre «solo il perdono suscita nei cattivi il senso di colpa».
Solo alla fine, nella disperazione, si invoca direttamente Dio: «Non so pregare, ma ti prego lo stesso: se proprio non puoi aiutarci, o se gli umani non ti danno retta, facci almeno morire presto».
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