Classe 1959, James MacMillan non ha più i requisiti anagrafici " e neppure il curriculum artistico " per essere considerato una semplice "promessa"; si è infatti imposto negli anni come una delle figure più originali e interessanti del panorama musicale contemporaneo, "nonostante" il suo catalogo sia quasi unicamente costituito da opere di carattere religioso fortemente radicate nella tradizione liturgica cristiana. Nel solco di questa inclinazione è nata anche la Passione secondo Giovanni, ambizioso lavoro per il quale il compositore scozzese ha adottato ogni risorsa a sua disposizione al fine di confrontarsi con quello che rappresenta uno dei massimi punti di riferimento e di ispirazione della letteratura musicale sacra, ma anche un aspetto cruciale della sua esperienza esistenziale di cattolico praticante.
La partitura richiede l'impiego di imponenti forze vocali e strumentali: un cantante solista (al baritono spetta infatti il ruolo di Gesù), un piccolo coro da camera (a fare le veci del narratore), un grande coro (che intona tutti gli altri testi) e l'orchestra al completo. In segno di «ammirazione e apprezzamento», l'opera è stata dedicata a Sir Colin Davis in occasione del suo 80° compleanno e, dal podio del Barbican Centre di Londra, nell'aprile del 2008 il direttore inglese ha diretto la Passione di MacMillan a capo delle compagini London Symphony Chorus & Orchestra, realizzando nel contempo un'edizione discografica registrata dal vivo (2 Super Audio Cd pubblicati da LSO Live e distribuiti da Sound and Music).
Si tratta dell'esecuzione vibrante di un'opera carica di pathos, una sorta di colonna sonora "partecipata" degli estremi tragici eventi della vita del Salvatore, a cui MacMillan ha voluto aggiungere un ultimo movimento strumentale (Sanctus Immortalis, miserere nobis): un "canto senza parole", attraversato da un lungo e solenne tema pacificante, come ad accompagnare lo sfilare dei titoli di coda su una delle vicende con cui il Mistero continua a interrogare la coscienza dell'intera umanità. Perché, come ebbe già modo di dichiarare lo stesso compositore in occasione della stesura dell'opera Le ultime sette parole dalla croce, «la morte di Cristo è una tragedia personale che riguarda ciascuno di noi».
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