La parabola del rospo
martedì 22 ottobre 2024
Ricordo che da giovane ero diritto. Non accettavo compromessi, disegnavo un mondo ideale dove non c’era posto per le mezze stagioni, le bevande tiepide, i colori sfumati, le persone più o meno. Poi gli anni ti cambiano. La vedi meglio la vita se non la guardi proprio in faccia: una cosa che vale anche per la verità.
E sono diventato rospo. Spiego. Ho letto da qualche parte che il rospo, più e meglio di altri esseri viventi, ha la capacità di adattarsi all’ambiente in cui si trova. Qualcuno ha provato a metterlo in una pentola d’acqua e ad accendere il fuoco sotto. Il rospo non salta fuori subito quando l’acqua si scalda. Resta immobile e resiste. Usa tutte le sue energie per adattarsi alla temperatura, e quando non ce la fa più e il calore diventa insopportabile, ormai è troppo tardi. Ha già sprecato tutta la sua forza e non riesce più ad uscire dalla pentola. Finisce male, insomma. Ma non è questo il punto. Si diventa rospo per difendersi, si media, si sopporta: c’è la consapevolezza diffusa che dibattersi poco e conciliare molto, aiuti a durare di più. Lo spirito di adattamento non è codardia ma la nuova virtù dei forti, si sta nel mezzo perché gli estremi urtano contro gli angoli. E quasi sempre sono loro a finire male. Evviva il rospo allora: non sarà bello, ma se non sta in una pentola ma in uno stagno può sempre sperare di diventare un principe. © riproduzione riservata
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