È in corso, e lo sarà fino a tutto il 2025, la nuova facoltà di riscattare a proprio carico fino a 5 anni “non coperti” da versamenti Inps obbligatori relativi al periodo dal 1996 al 2023. Denominata in breve come “pax contributiva”, si tratta di una nuova favorevole opportunità per i giovani (e anziani) lavoratori che non hanno una carriera di lavoro continuativa, essendo, ad esempio, interrotta da settimane o da mesi di disoccupazione. Tra i principali requisiti per il nuovo riscatto, la legge di bilancio 213/2023 richiede però che gli anni fino al 1995 non siano coperti da una contribuzione «comunque versata e accreditata». Questa generica indicazione è tradotta dall’Inps con una estesa interpretazione (circ. 69/2024): «si avrà riguardo a qualsiasi tipologia di contribuzione (obbligatoria, figurativa, da riscatto) accreditata anteriormente al 1° gennaio 1996 in qualsiasi gestione pensionistica».
Nel paniere dei contributi che impediscono il riscatto ricadono, in particolare, i contributi “figurativi” che la legge riconosce a domanda o d’ufficio in particolari situazioni lavorative o sociali (congedi parentali, aspettative, disoccupazione, infortuni ecc.). Si tratta di eventi che gli interessati non sono sempre in grado di controllare e che a distanza di anni potranno ancora intervenire a loro danno, annullando il riscatto in corso anche se già pagato.
In prima fila, spicca il caso del contributo figurativo per il servizio militare obbligatorio. Il riscatto è a discrezione degli assicurati in molte gestioni Inps (non è previsto però per i collaboratori e i ministri di culto del Fondo Clero). Si tratta di un riconoscimento di alto valore sociale che lo distingue nettamente dalla congerie delle numerose contribuzioni figurative a vario titolo e che meriterebbe di esserne escluso.
Infatti, se il servizio militare è stato svolto prima del 1996 l’accredito già riconosciuto impedisce di accedere ora al beneficio del nuovo riscatto. Se invece il militare è ancora da accreditare a domanda, il riscatto annulla il diritto acquisito per legge al contributo figurativo. La sua valutazione, da qualsiasi angolo si guardi, si traduce in una censurabile disparità di trattamento, accentuata inoltre dall’art. 145 del DPR 1092 del 1973 che impone d’ufficio l’accredito del servizio militare per i pubblici dipendenti.
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