Nell’oscurità di un mondo addormentato dentro i suoi ritardi, le sue chiusure ideologiche e inclini al conflitto, Cristo sale a mani levate, come a testimoniare la disarmante forza dell’amore. Matthias Grünewald, enigmatico personaggio del XV secolo (la cui identità ancora fa discutere), nella sua famosa Pala di Isenheim, tocca il vertice della sensibilità nel ritrarre il fondamento della fede cristiana: la risurrezione.
Protagonista assoluto per Grünewald è il mondo inanimato. L’uomo è escluso dall’evento straordinario che dividerà la storia fra un prima e un dopo. Al centro, rigonfio della luce del Padre, c’è il lenzuolo che quale immensa placenta libera la vita nuova inaugurata da Cristo, con la sua carne trasfigurata. Cristo sale al Padre, la cui iridescenza maestosa per un attimo svela il Regno di Luce che il Figlio è venuto ad annunciare. L’uomo di fronte a tale maestà rotola goffamente sul proprio peso corporeo, rotola come dentro l’opacità dei propri desideri a breve respiro, come sopraffatto dall’evento.
Quello che sorprende, e che sconcerta soprattutto noi cittadini del XXI secolo, è la forma stranissima della roccia sepolcrale che sta dietro il Risorto. La pietra, a causa dell’evento sismico che secondo i Vangeli si verificò il sabato santo, si solleva da terra assumendo la forma caratteristica del fungo. Un’immagine che ci riporta spontaneamente al terrificante fungo di Hiroshima in cui l’uomo misurò la potenza dell’atomo, un’immagine che Grünewald non poteva neppure lontanamente supporre. Eppure anche allora si trattò di energia, un’energia ignota alle scienze umane che permise al corpo di Cristo di passare attraverso il lenzuolo lasciando in esso la sua impronta.
Roccia e luce sono protagonisti anche in una risurrezione di Jerg Ratgeb, artista tedesco contemporaneo di Grünewald e molto vicino a lui nello stile. Ratgeb, che aveva aderito alle testi luterane, rilegge la roccia del sepolcro come la roccia del Sinai, come il luogo di una alleanza assolutamente nuova, perché fondata sulla grazia. La luce di Cristo trapassa la materia e anche i sigilli, che rimangono bene evidenti sulla porta sepolcrale. Anche qui i soldati rotolano pesantemente, incapaci di reggere di fronte alla potenza di un tale Mistero. Anche qui la porta sepolcrale ha la forma luminosa del telo sindonico.
Il fascino della Pala di Isenheim resta tuttavia insuperabile. Questa opera, a sua insaputa, rende evidente il dramma dell’uomo contemporaneo. L’atomo, particella fontale in cui si cela il principio vitale dell’uomo; particella che, proprio per la sua indivisibilità, portava scritta in sé la certezza dell’eternità, si è rivelata scindibile e perciò stesso caduca. Ed ecco allora il profetismo di Grünewald a raccontarci che Cristo è Signore anche degli enigmi umani, anche delle potenze energetiche a noi ignote, anche delle forze della natura che ancora incutono paura all’uomo. Noi siamo lì come i piccoli soldati arrotolati incapaci di fare guardia al Mistero. Siamo lì, come in posizione fetale, ma il nostro risveglio sarà una nuova nascita e troveremo un lenzuolo e una roccia muta a raccontarci del nostro destino.
Immagini
Matthias Grünewald, Altare di Isenheim, 1512-1516, olio su tavola, cm 269 × 143, Musée d'Unterlinden, Colmar.
Jörg o Jerg Ratgeb, Altare di Herrenberg, tavola esterna destra: Resurrezione di Cristo. 1518-1519 tempera su legno 270 × 147 cm Stoccarda, Staatsgalerie.
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