Dietro ai rialzi pazzi dei prezzi dei prodotti alimentari ci sono anche la mafia, la camorra, la malavita in genere. Non è certo una novità, ma il fatto che la Direzione nazionale antimafia abbia detto chiaramente che il giro d'affari della malavita nelle campagne sia arrivato a 7,5 miliardi di euro deve far pensare. Così come deve preoccupare la denuncia della Coldiretti sulle innumerevoli azioni messe in campo per alterare la normale distribuzione degli alimentari, e, prima ancora, la loro produzione.
Non si tratta di «cose d'altri tempi», legate a un mondo rurale che non esiste più; ma di «cose dell'oggi», radicate nei mercati alimentari e nelle campagne, anche le più efficienti dal punto di vista tecnologico. L'ultima notizia di cronaca circa la presenza del malaffare nelle campagne è quella che arriva da Palermo: 12 ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti di presunti affiliati a Cosa nostra, accusati di associazione mafiosa che oltre a dirigere il racket e ad incassare il «pizzo» da decine di imprenditori e commercianti, fissavano e imponevano i prezzi di vendita di carni e alimenti.
È solamente la punta di un enorme iceberg fatto di furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell'Ue e caporalato. Altro che libera concorrenza e qualità dei prodotti: spesso gli agricoltori dello Stivale devono fare i conti più con problemi di questo genere che con quelli del mercato reale. Senza contare le intromissioni nel sistema di distribuzione e trasporto dei prodotti alimentari, della carne e degli ortofrutticoli. Proprio queste ultime sarebbero responsabili, in molti casi, degli anomali rialzi di prezzo. E ci sono anche situazioni e casi che sembrano emergere dalla storia dell'agricoltura più che appartenere alla realtà d'oggi. Come il ritorno dell'abigeato: sarebbero circa 100mila gli animali da allevamento che ogni anno spariscono dalle stalle. Oppure come l'applicazione della famigerata formula del «cavallo di ritorno», cioè la sottrazione di macchine agricole che vengono restituite solamente dopo il pagamento di un riscatto.
È anche questa, quindi, la realtà della nostra agricoltura. Aggravata dal fatto che nelle campagne, a detta degli stessi operatori, la malavita ha più spazio d'azione che nelle città. Visto che può farsi forte delle condizioni di isolamento delle aziende stesse, oltre che della mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili. È chiaro, quindi, che la difficile strada della conquista dei mercati, della risalita dal deficit alimentare, del riscatto di molte nostre produzioni, dell'affermazione del più che noto ma sempre fragile Made in Italy agroalimentare, passa anche per condizioni diverse dal punto di vista della sicurezza nelle campagne e lungo la catena alimentare.
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