Una modesta proposta per gli insegnanti: insegnare letteratura leggendola in classe a voce alta. Con il diffondersi inarrestabilmente esteso dell’uso della rete, la familiarità con la lettura è in declino. Le parole vengono trasmesse prevalentemente su schermo e l’abitudine al suono della voce si è indebolita. Inoltre la lingua scritta su un supporto stabile come la carta è sempre più svalutata. Ma chi legge su un supporto fluido, effimero e cancellabile con un solo colpetto digitale, entra in un contatto con il testo scritto altrettanto effimero, facilmente cancellabile e dimenticabile. Per secoli e millenni il linguaggio stabilmente scritto è stato un punto fermo per la cultura umana. Leggere significava anzitutto rileggere, ruminare, meditare innumerevoli volte gli stessi testi integralmente conservati: scritture religiose, letterarie, teatrali, scientifiche, legislative, morali. Oggi che il leggere e lo scrivere non sono più atti abituali, va anzitutto attivato e rafforzato il contatto diretto, anche fisico e vocale, con i testi di maggior valore. Non si può più dare per scontato l’atto di leggere che scolari e studenti dovrebbero compiere da soli a casa. Perciò è meglio ritrovare la lettura praticandola a voce alta quando si è insieme a scuola e con la guida di un insegnante. Insegnare a leggere usando la voce, prestare la propria voce all’esecuzione di un testo di valore, è rendere meno astratta e solitaria la lettura. Intensificando in questo modo il contatto diretto, personale, con scritture che meritano di essere “fatte proprie”, si fondono linguaggio verbale scritto e voce. Le parole acquistano così consistenza, evidenza e presenza. L’atto di leggere va cioè riscoperto attraverso una pratica e un’abitudine più concrete. Leggere a voce alta è già “interpretare” un testo, realizzare la sua carica di significato concettuale, formale ed emotiva. La letteratura è nata come esecuzione vocale e teatrale. Forse è arrivato il momento della lettura di gruppo. Mai come oggi se ne è sentito il bisogno.
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