Il gladiatore è un film che, oggi come oggi, viene ricordato principalmente per il fatto che il protagonista Russell Crowe non è mai stato più in forma di così. All'epoca, nel 2000, fece scalpore per tutta una serie di ragioni, una delle quali riguardava l'uso delle comparse. Per riempire gli spalti del Colosseo nel quale combatte l'inflessibile Massimo Decio Meridio detto l'Ispanico («Al mio segnale, scatenate l'inferno»), il regista Ridley Scott si servì di quasi trentamila spettatori virtuali, disegnati e animati in grafica digitale. La cosiddetta Cgi (Computer Generated Imagery) non era una novità, ma Il gladiatore fu il primo film nel quale se ne fece un uso così intensivo. In seguito abbiamo visto soluzioni tecnologiche ancora più mirabolanti, eppure il kolossal di Ridley Scott continua a rappresentare uno spartiacque. A fianco delle comparse digitali, infatti, c'erano non meno di duemila figuranti in carne e ossa, e leggenda vuole che un po' di spazio sia stato riempito con le care, vecchie sagome di cartone. Effetti speciali, trucchi teatrali: tutto torna utile, quando c'è da portare in scena la grande illusione del cinema, che sempre più spesso mette alla prova le nostre facoltà di percezione e intanto ci educa alla prudenza dello sguardo.
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