mercoledì 29 settembre 2021
Parlando della possibilità del cristianesimo di diventare eloquente in questo nostro tempo postmoderno, Timothy Radcliffe, teologo e biblista di Oxford, già Maestro generale dei domenicani, ha scritto nel suo ultimo libro Accendere l'immaginazione (Emi): «Chiunque, di qualunque fede o anche di nessuna fede, affronti la complessità dell'essere umano, il processo dell'innamoramento, la fatica di perdonare, l'attraversamento di una crisi, il tentativo di dare un senso alla propria vita, è nostro alleato. Se prestiamo attenzione alla saggezza di questi nostri alleati, c'è la possibilità di trovarli aperti alla ricchezza della nostra fede». Avviandoci verso la conclusione di questa rubrica quotidiana, penso che le parole di Timothy Radcliffe condensino bene il tentativo che qui ho cercato di portare avanti in questo spazio: vedere come, tra le righe della narrativa contemporanea (almeno quella che conosco, limitatamente, io), la questione di Dio non sia assente né latente, anzi, tutt'altro. Magari in maniera confusa, magari in modo indiretto, spesso esplicitamente come richiesta, come invocazione, talvolta come affermazione, la Grande Domanda non è elusa da quanti, con la forma di inventare fatti per raccontare una storia, ci regalano quelle meravigliose occasioni che sono i romanzi.
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