Qual è il segreto della gentilezza, questa maniera affettuosa di gestire la realtà e le relazioni? Credo che stia nella sapienza di mettere come motore della vita non la sfiducia verso l’altro o l’indifferenza, ma una concreta capacità di empatia con i nostri simili, tanto nelle cose grandi come in quelle che ci sembrano briciole, meri dettagli. La gentilezza esige da noi che prima di qualsiasi giudizio ci mettiamo al posto dell’altro e più frequentemente ci domandiamo che cosa egli provi, di cosa abbia bisogno, quale desiderio darebbe sollievo al suo animo o ne farebbe riaccendere il sorriso. La gentilezza è quella purezza di cuore che ci permette di guardare all’altro senza giudizi preventivi, con una disponibilità vera ad ascoltare e capire. La gentilezza ci insegna che amare non è sufficiente: occorre farlo con eleganza. Che dare tanto per dare non basta: bisogna farlo con delicatezza. Che rivendicare tutto come un diritto non è sensato: dobbiamo anzi imparare a praticare con maggior impegno l’arte della gratitudine. La gentilezza ci esorta a costruire presenze che non siano soffocanti, conversazioni che non occupino inutilmente, doni che non leghino, ma a mettere l’altro al centro, scegliendo per noi il nascondimento di chi sa che la gioia vera sta nel servire.
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