martedì 24 aprile 2007
La fortuna non solo è lei stessa cieca, ma nella maggior parte dei casi rende ciechi anche coloro che abbraccia. Chissà quante volte vi è capitato di dire che la fortuna è cieca; forse però non sapevate che questa immagine era stata coniata già dalla tradizione classica. Così, la frase che oggi propongo e che sviluppa lo stesso concetto è desunta dal De amicitia di Cicerone, il quale perfeziona l'idea ricordandoci che quella cecità è contagiosa. È facile, infatti, vedere persone baciate dalla fortuna con una vincita di denaro o con un successo inaspettato diventare stolti dissipatori oppure saccenti presuntuosi, quasi che quel risultato non fosse frutto del caso bensì di qualità recondite. Ma lo scrittore Corrado Alvaro nella sua opera più nota, Gente in Aspromonte (1930), andava oltre e affermava: «La fortuna è cieca, ma l'invidia ha gli occhi». Parole sacrosante che, però, nulla dicono al fortunato il quale si pavoneggia senza sapere che è in agguato un'altra strana caratteristica della fortuna, quella del suo moto rotante: chi, infatti, non ha mai conosciuto «la ruota della fortuna»? Ecco, allora, l'importanza di seguire le indicazioni di un altro detto antico: «Quando le cose vanno bene non insuperbire, quando vanno male non deprimerti». È una regola di moderazione che dovrebbe valere per tutte le situazioni umane che ora hanno il colore della festa e della gioia e che poco dopo ci fanno piombare nel buio della prova. Consigli semplici e di buon senso quelli di oggi ma - come dice un aforisma arabo - anche l'aria è scontata e ovvia, ma guai a non respirarla!
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