«Ma il mio cuore si spezza per Odisseo cuore ardente, / misero! Che lunghi dolori sopporta lontano dai suoi, / nell'isola in mezzo all'onde, dov'è l'ombelico del mare…».È Atena, la dea, che implora Zeus, signore di tutti gli dei greci, affinché accetti di soccorrere l'uomo che lei ama e protegge, e che vede perduto in un'avventura disperata. La sua è un'implorazione piena di amore per l'eroe suo protetto, più in generale la manifestazione dell'amore di un dio per l'uomo. Siamo agli albori della civiltà greca, nel favoloso mondo omerico. Verrà un tempo in cui l'uomo greco si interrogherà sulle sue divinità, con Platone, Socrate, con il poeta Eschilo che nella tragedia di Prometeo mette in scena un dio punito da Zeus per amare troppo l'uomo. La religione dei greci non conosce vita ultraterrena, le anime sono ombre grigie e informi. Ma anche ai primordi questa civiltà, nei versi del padre fondatore della Poesia, noi vediamo espressa la domanda fondamentale dell'uomo al divino: soccorso, amore. Il sommo Omero fa propria questa preghieraumana, e la riversa sugli uomini a venire. La sofferenza della dea Atena è tale che il cuore le si spezza.Come accadrebbe di un umano. Per il poeta Omero, e per l'uomo del suo popolo,Atena, come ogni dio greco, non può donarci immortalità. Ma amore sì, fino a spezzarsi il cuore.
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