Chi conosce, o chi ricorda, la data del giorno in cui è stato battezzato? Probabilmente molto pochi, se non nessuno. Eppure tutti quanti sappiamo in che giorno siamo venuti al mondo, e in quel giorno si fa festa; e allora perché non festeggiare anche la ricorrenza del Battesimo, che in fondo è «un altro compleanno, il compleanno della rinascita», il giorno in cui nel bambino è entrato «lo Spirito Santo».
Scherzosamente, ma non troppo, nel ricordare questa fondamentale verità Papa Francesco, mercoledì scorso, ha voluto assegnare a tutti una sorta di «compito a casa», quello di scoprire la data del proprio battesimo per poterla così onorare come si deve. Perché il Battesimo, ha spiegato, «permette a Cristo di vivere in noi e a noi di vivere uniti a lui, per collaborare nella Chiesa, ciascuno secondo la propria condizione, alla trasformazione del mondo». Ricevuto una sola volta, ha aggiunto, «il lavacro battesimale illumina tutta la nostra vita, guidando i nostri passi fino alla Gerusalemme del Cielo. C'è un prima e un dopo il Battesimo. Il Sacramento suppone un cammino di fede, che chiamiamo catecumenato, evidente quando è un adulto a chiedere il Battesimo. Ma anche i bambini, fin dall'antichità, sono battezzati nella fede dei genitori. E su questo vorrei dirvi una cosa. Alcuni pensano: "ma perché battezzare un bambino che non capisce? Speriamo che cresca, capisca, e sia lui stesso a chiedere il Battesimo". Ma questo significa non avere fiducia nello Spirito Santo, perché quando noi battezziamo un bambino, entra in quel bambino lo Spirito santo e fa crescere in quel bambino, da bambino, delle virtù cristiane che poi fioriranno. Sempre – ha insistito Francesco – si deve dare questa opportunità a tutti i bambini di avere dentro di loro lo Spirito Santo che li guidi durante la vita. Non dimenticatevi: battezzare i bambini!».
Potrebbe sembrare un richiamo ridondante, magari persino inutile. Ma tutti quanti sappiamo molto bene come non lo sia, e come anzi sempre più questo pensiero ritenuto "illuminato", che in qualche modo equipara l'iniziazione cristiana a una specie di percorso di autocoscienza, attraversi la stessa comunità ecclesiale.
«La festa del battesimo di Gesù – ha detto nel 2008 Benedetto XVI – ci introduce... alla quotidianità di un rapporto personale con lui. Infatti, mediante l'immersione nelle acque del Giordano, Gesù si è unito a noi. Il Battesimo è per così dire il ponte che egli ha costruito tra sé e noi, la strada per la quale si rende a noi accessibile; è l'arcobaleno divino sulla nostra vita, la promessa del grande sì di Dio, la porta della speranza e, nello stesso tempo, il segno che ci indica il cammino da percorrere in modo attivo e gioioso per incontrarlo e sentirci da Lui amati». Per questo, dunque, battezzando dei bambini, ancora incoscienti, aveva aggiunto, «non si fa loro violenza, ma si dona loro la ricchezza della vita divina in cui si radica la vera libertà che è propria dei figli di Dio; una libertà che dovrà essere educata e formata con il maturare degli anni, perché diventi capace di responsabili scelte personali»; introducendoli a una famiglia «più grande e stabile, più aperta e numerosa» di quella di sangue,
e cioè «la famiglia dei credenti... che ha Dio per Padre e nella quale tutti si riconoscono fratelli in Gesù Cristo». Ed è allora proprio con il Battesimo, ha detto mercoledì scorso Papa Francesco, che «il cielo è realmente aperto e continua ad aprirsi, e possiamo affidare ogni nuova vita che sboccia alle mani di Colui che è più potente dei poteri oscuri del male».
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