Lui sta pesando le sue monete. Non c'era ancora l'Euro a facilitare tutto, il cambio era necessario. Così, il cambiavalute del XV secolo dipinto da Quentin Massys (conservato al Louvre di Parigi) è tutto intento a valutare una moneta sul peso dell'oro. Una scritta, presente sulla cornice (andata perduta), diceva più o meno così: bilancia giusta e pesi corrispondenti al valore. Insomma fare il banchiere non significa rinunciare a una buona coscienza e alla rettitudine morale. L'avvertenza stride contro le continue speculazioni cui assistiamo…
Il banchiere di Massys sembra sereno mentre prepara il denaro al suo cliente, la donna un po' meno. Ha interrotto la preghiera per guardare il marito mentre compie il pesaggio dell'oro. La pagina del libro, quasi distrattamente, si apre sull'immagine della Vergine Maria. La Vergine Madre tiene in grembo il divin Figlio: lei sì, conosce il vero peso della vita! Maria fu protagonista dell'unico «mirabile scambio», come lo chiama san Bernardo: la morte dell'Innocente, in cambio dei peccatori; la vita di Giovanni in cambio della vita di Gesù; la divina maternità in cambio di una maternità universale. Gli oggetti che campeggiano sopra la scansia non sono casuali: dietro all'uomo si vedono un pomo dorato, simbolo del frutto dell'Eden e perciò del peccato originale, e una scatola di legno sigillata, segno della chiusura dell'uomo nei confronti della fede. Dietro la donna, invece si scorgono altri libri di devozione e una candela spenta: se l'attività non è sorretta dalla fede, tutto diventa possibile, l'uomo trova giustificazioni per ogni cosa che compie, anche la più ingiusta.
I protagonisti sono due, ma nell'opera vi sono altri personaggi. Uno lo vediamo riflesso nello specchio convesso del cambiavalute: è il cliente, il quale, non senza tensione, aspetta, leggendo alla finestra, di vedersi restituito con giustezza il cambio di denaro. Qualcuno, ritenendo lo specchio una citazione di van Eyck ne I coniugi Arnolfini, riconosce nell'avventore lo stesso artista. Altri due personaggi stanno dietro la donna. La finestra, leggermente socchiusa, lascia intravvedere un anziano che, alzando l'indice, impartisce al giovane una lezione su i pericoli dell'usura e sull'onestà necessaria sempre. A ben guardare la donna e il marito compiono con la mano lo stesso gesto, l'uno per sollevare la bilancia, l'altra per sollevare una pagina del Libro Sacro. Niente a caso per il buon Quentin Massys: a ognuno il suo metro di giudizio. Chi si affida alle leggi di mercato e chi alla legge del Signore. E mentre l'uomo scruta l'effige della moneta, la donna mostra la pagina con la Vergine e il Bambino.
Non posso fare a meno di pensare di fronte a quest'opera ai precari equilibri economici di questa nostra Europa dove, pur di far quadrare i bilanci, si spingono gli Stati a leggi economiche assurde e a dimenticare le radici ebraico-cristiane. Forse anche a noi, come all'amico banchiere, il pittore ritraendosi allo specchio, vuole ricordare che senza fede non c'è giudizio, mentre l'uomo di fede giudica con frutto ogni cosa, senza soggiacere ai poteri di questo mondo.