Cosa ne sappiamo noi della morte? La fede cristiana proclama la vittoria della vita sulla morte. Ma non estingue il dolore umano che ogni persona prova quando un suo affetto lascia questa terra. Eric-Emmanuel Schmitt, romanziere e drammaturgo (è l'autore di teatro francese più rappresentato nel mondo) ha saputo rendere meravigliosamente questo paradosso nel suo Diario di un amore perduto (e/o), libro dedicato alla morte dell'amata madre Jeannine. Leggiamone un estratto: «Didier Decoin, credente come me, mi domanda: “La fede ti aiuta a superare il dolore di aver perso tua madre?” “Per niente”. “Neanche a me”. Ci guardiamo a lungo in silenzio, fraterni, come nudi uno davanti all'altro. La mancanza della persona amata ci attanaglia qui, su questa terra. La fede non è un sapere, ma un modo di abitare l'ignoranza». Paradosso fecondo, questo ultimo: la fede non ci esime dal non sapere cosa sarà di noi dopo la morte, ma ci dà uno stile per abitare questa non conoscenza. Uno stile che è la speranza, la lotta contro la disperazione che naturalmente ci attanaglierebbe in una situazione come questa. La fede è uno stile, come ha ampiamente argomentato uno dei teologi più conosciuti oggi, il franco-tedesco Christoph Theobald. In questo caso, è un modo per affrontare il «non so» più drammatico che ci sia, la morte.
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