La fatica dei giovani «green»
sabato 1 settembre 2012
Ci sono ma sono ancora troppo pochi e, soprattutto, stentano a farsi strada spesso a causa dei loro padri. Ormai è certo: i giovani in agricoltura sono una risorsa preziosa, producono più reddito e più competitività, gestiscono le aziende migliori e sono coccolati (si fa per dire), per farlo sempre di più. Ma una recente analisi spiega che le difficoltà al loro inserimento sono ancora troppe, con qualche sorpresa. Stando all'Ismea che ha valutato i più recenti dati europei sulla presenza giovanile nei campi, se la media di giovani conduttori under 35 è del 6,1%, esiste una forbice fra i Paesi. Polonia (12,3%), Repubblica Ceca (9,8%) Austria (9,7%) e la Finlandia (9,1%) presentano percentuali più alte della media, mentre in coda troviamo proprio l'Italia (2,9%), la Gran Bretagna (2,6%), Cipro (2,5%) e Portogallo (1,9%). Tornando ai numeri generali, poi, se il numero di agricoltori dal 2000 è calato di oltre il 15%, quello dei giovani è addirittura collassato quasi del 48%.Eppure, sono proprio le nuove leve a ottenere i risultati migliori. Le imprese gestite dai trentenni hanno una superficie media coltivata superiore del 37% alla media, producono un reddito superiore del 40% e occupano mediamente il 26% in più di lavoro. Le aziende sotto i 2 ettari, d'altra parte, sono gestite per il 62% da agricoltori sopra i 55 anni, mentre per le superfici sopra i 10 ettari, la percentuale dei giovani conduttori è costantemente intorno al 10%.Detto in altre parole: i giovani sono nelle imprese agricole del futuro, e non solo per una questione d'età.Per facilitare l'insediamento giovanile in agricoltura, inoltre, tra il 2007 e il 2013 sono stati stanziati poco più di 5 miliardi di euro. In Italia, sottolinea l'Ismea, nell'attuale programmazione i PSR (i piani per lo sviluppo rurale), hanno destinato al cosiddetto primo insediamento 700 milioni di euro. Mentre la proposta di riforma della Politica agricola comune prevede una maggiorazione del 25% per i primi 5 anni nei pagamenti diretti in favore delle aziende guidate dai giovani agricoltori.Ma, con tutto ciò, i numeri indicano chiaramente una presenza non solo minoritaria ma eccessivamente bassa di imprese giovanili nei campi. Fra le cause, è stato detto da molti, ci sono le ancora forti difficoltà di accesso al credito, il costo della terra, la necessità di cambiare per davvero stili di vita. Commissione Europea e Ismea, però, puntano il dito anche su un altro fattore: le «gravi problematiche legate alla resistenza di fronte "al passare la mano" da parte degli agricoltori più anziani, nonostante i numeri dicano che le aziende giovani sono più performanti, e quindi il passaggio generazionale presenti una valenza positiva». Insomma, sembra che i padri non vogliano lasciare spazio ai figli. Oltre a una nuova politica agricola comune e nazionale, all'agricoltura serve anche un cambio di mentalità.
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