sabato 10 marzo 2018
«Ma che bella sorpresa mi hai fatto!». Quante volte abbiamo sentito questa frase, o l'abbiamo detta. In genere mai suscitata da chissà quali stupefacenti cose, ma da piccoli eventi – la telefonata di un amico che non sentivamo da un pezzo, una visita inattesa, cose così... – che irrompono nel nostro quotidiano e, magari, possono essere capaci di cambiarci l'umore. Succede quando non ci aspettiamo, e non pretendiamo, nulla, e non misuriamo la “bellezza” della sorpresa in termini materiali. Invece, quando si parla di Dio, tutto questo quasi all'improvviso si capovolge. Quasi ci aspettassimo sempre da lui qualcosa di mirabolante: «La vicenda di Naaman, capo dell'esercito del re di Aram, è singolare – ha spiegato una volta papa Francesco, nell'omelia della Messa dell'ottobre 2013 per la Giornata Mariana dell'anno della fede –: per guarire dalla lebbra si rivolge al profeta di Dio, Eliseo, che non compie riti magici, né gli chiede cose straordinarie, ma solo fidarsi di Dio e di immergersi nell'acqua del fiume; non però dei grandi fiumi di Damasco, ma del piccolo fiume Giordano. È una richiesta che lascia Naaman perplesso, anche sorpreso: che Dio può essere quello che chiede qualcosa di così semplice?».
Come Naaman, non siamo quasi mai disponibili per un Dio poco “esigente”. Ci fa anzi comodo non esserlo, perché così possiamo giustificare le nostre tante imperfezioni, il nostro non essere aperti a quella semplicità e, dunque, a essere liberi di ignorarla. Per questo, diceva ancora Francesco in quella omelia, Naaman davanti quella richiesta che lo lascia perplesso «vuole tornare indietro, ma poi fa il passo, si immerge nel Giordano e subito guarisce. Ecco, Dio ci sorprende; è proprio nella povertà, nella debolezza, nell'umiltà che si manifesta e ci dona il suo amore che ci salva, ci guarisce, ci dà forza. Chiede solo che seguiamo la sua parola e ci fidiamo di Lui». Un Dio che si rivela come il “Dio delle sorprese”, che è tale perché «è un Dio vivo – ha detto sempre Bergoglio in un'altra occasione – è un Dio che abita in noi, un Dio che muove il nostro cuore, un Dio che è nella Chiesa e cammina con noi e in questo cammino ci sorprende sempre. E così come Lui ha avuto la creatività di creare il mondo, ha la creatività di creare cose nuove tutti i giorni. Il Dio che ci sorprende».
È proprio in quel “tutti i giorni” la chiave di tutto. Ha spiegato Benedetto XVI nella Caritas in veritate: «L'assolutismo della tecnica tende a produrre un'incapacità di percepire ciò che non si spiega con la semplice materia... In ogni verità c'è più di quanto noi stessi ci saremmo aspettati, nell'amore che riceviamo c'è sempre qualcosa che ci sorprende. Non dovremmo mai cessare di stupirci davanti a questi prodigi. In ogni conoscenza e in ogni atto d'amore l'anima dell'uomo sperimenta un “di più” che assomiglia molto a un dono ricevuto, ad un'altezza a cui ci sentiamo elevati».
Ed è proprio quel “di più”, quel dono semplice, povero nella sua essenzialità ma immensamente prezioso, che mentre ci rivela quanto in ogni momento Dio sia capace di stupirci, ci spinge a restituirlo. Viene in mente la Preghiera Semplice di San Francesco: «Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa' ch'io porti amore, dove è offesa, ch'io porti il perdono, dove è discordia, ch'io porti la fede, dove è l'errore, ch'io porti la Verità, dove è la disperazione, ch'io porti la speranza. Dove è tristezza, ch'io porti la gioia, la dove sono le tenebre, ch'io porti la luce…». Così da poter essere anche noi lo strumento attraverso il quale Dio ogni giorno sa stupire gli uomini.
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