L'idea del "ben fare" che compare più volte nella Commedia dantesca, compare molto spesso nei modi di dire recenti, contrapposta ovviamente a un "mal fare", ma anche, spesso, al "non fare". Facendo cattive azioni in un caso, reagendo con l'ignavia e l'inazione nell'altro. Il "non fare", il subire o il non reagire allo stato presente delle cose, ai costumi dominanti, contrapposto al "mal fare" dei potenti così grave, luttuoso e spesso mostruoso, ma anche a quello dell'ambiente in cui si vive, delle istituzioni che ci guidano e delle persone che sono vicine, è diventato un modo di essere diffusissimo, dominante. Ci si trincera nell'affermazione della propria unicità e del proprio piccolo gruppo, famiglia o colleghi, difendendosi dal mondo come si può. Se si tratta di egoismo singolo o di gruppo, cambia poco: la musica è sempre la stessa, la darwiniana "lotta per la vita" oggi presente in modi vecchi e in modi nuovi, e quelli nuovi dominano in quella parte di società (di pianeta) dove, nonostante tutto, si vive ancora bene o benino. Come in Italia, che, anche se tanta parte dei nostri connazionali si lamentano, non è un Paese povero, soprattutto se ci si confronta con la maggior parte delle altre nazioni. Nella nostra parte di mondo, e in Italia forse più che altrove, è venuto d'uso chiamare "ben fare" tutto ciò che non è "mal fare", comprendendovi un'enorme quantità di cose inutili, che lasciano il tempo che trovano o che servono ad aiutare gruppi o masse di persone a non pensare, a pensare a cose superflue o frivole, o anche serie ma nella sola veste di un consumo, di un "tempo libero", ma che non si pensa davvero a liberare. Dell'aiuto a non pensare invece che a pensare, come accade con la stragrande quantità di "cultura" che ci viene offerta, da cui siamo sommersi e che piacevolmente consumiamo o produciamo. Chiamiamo "ben fare", in definitiva, anche ciò che oggi non lo è più, che è né più né meno che "accettare", che contribuire alle odierne e nuove politiche del dominio, che subire le strategie del potere. Penso spesso a cosa avrebbero detto di questa situazione e di questo ipocrita e complice modo di intendere il "ben fare" coloro che un tempo il "ben fare" lo proponevano, e lo praticavano davvero: i Tolstoj e i Gandhi, i Martin Luther King e i don Milani (e si dovrebbe tutti rileggere e aggiornare il capitolo su "la ricreazione" dalle Esperienze pastorali) e, perché no?, i Lumumba e i Guevara, e scopriamo e imitiamo cosa dicono e fanno, dicono facendo, i non-accettanti di oggi in tanti e tanti Paesi meno complici e corrotti del nostro.
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