sabato 28 aprile 2018
La Chiesa? In fondo la si può definire come una bicicletta. Sì, proprio una bicicletta. Con le ruote, la catena, i pedali e tutto il resto. Perché, come questa, la Chiesa sta in piedi, sta in equilibrio solo «quando è in moto; se tu la lasci ferma, cade». Senz'altro un esempio efficace, anzi come lui stesso l'ha definito un «esempio buono», quello usato da Papa Francesco l'altro giorno, martedì, per tornare ad avvertire sui rischi di quella rigidità spirituale che, mentre porta a centrare tutto su se stessi, rende le persone inerti di fronte all'opera dello Spirito Santo, insensibili alle novità e, quindi, immobili.
D'altra parte la fede, come affermava Paolo VI, ha un suo dinamismo intrinseco che, per così dire, "obbliga" il credente a muoversi continuamente. E, del resto, solo in questo modo si può comprendere che cosa davvero sia, che cosa significhi che cosa comporti, quella missione che coinvolge ogni membro della Chiesa. «Paolo VI aveva una visione ben chiara che la Chiesa – ha detto lo stesso Bergoglio nel giugno del 2013– è una Madre che porta Cristo e porta a Cristo. Nell'Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi – per me il documento pastorale più grande che è stato scritto fino a oggi – poneva questa domanda: "Dopo il Concilio e grazie al Concilio, che è stato per essa un'ora di Dio in questo scorcio della storia, la Chiesa si sente o no più adatta ad annunziare il Vangelo e ad inserirlo nel cuore dell'uomo con convinzione, libertà di spirito ed efficacia?"». Nessun dubbio su quale sia, per Francesco, la risposta. Centrata su quel dinamismo che si contrappone all'immobilismo dei dottori della legge citati nel Vangelo di Giovanni, incapaci di «discernere i segni dei tempi», schiavi di parole e idee, che tornano sempre «sulla stessa domanda, e che sono incapaci di uscire da quel mondo chiuso, prigionieri delle idee. Hanno ricevuto la legge che era vita ma l'hanno "distillata", l'hanno trasformata in ideologia e così girano, girano e sono incapaci di uscire e qualsiasi novità per loro è una minaccia».
Non si tratta, purtroppo, di qualcosa di cui stupirsi. Perché «sempre, sempre fino alla fine del mondo» ci sono state e saranno «resistenze allo spirito Santo» e «opposizioni ai cambiamenti». Il cristiano tuttavia deve essere pronto perché Dio «sempre ci viene incontro con qualcosa di nuovo e di originale». Attenti ai segni come i pastori che corsero alla grotta, perché «ogni autentico credente – come disse Benedetto XVI all'Angelus del 6 gennaio del 2008 – è sempre in cammino nel proprio personale itinerario di fede e, al tempo stesso, con la piccola luce che porta dentro di sé, può e deve essere di aiuto a chi si trova al suo fianco, e magari stenta a trovare la strada che conduce a Cristo». O come i primi discepoli, citati da Papa Francesco, capaci di uscire dallo schema consueto del «si è sempre fatto così» e di rimanere invece «docili allo Spirito Santo per fare una cosa che era più di una rivoluzione... un cambiamento forte» con al centro «lo Spirito Santo. Non la legge, lo Spirito Santo».
È allora così che la Chiesa diventa «una Chiesa in movimento», una Chiesa che va «oltre se stessa». Quanto gli apostoli costituivano «non era un gruppo chiuso di eletti, ma una Chiesa missionaria». Sempre in cammino, sempre in movimento, sempre "pedalando" perché solo in questo modo la Chiesa si regge, sta in piedi, riesce a mantenere il proprio equilibrio che si fonda unicamente sul dinamismo dell'annuncio. Tutto il resto rischia di non servire a nulla.
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