Sono sotto gli occhi di tutti la dimensione e la profondità del lutto collettivo per la morte di Kobe Bryant, leggenda del basket. "Avvenire" vi ha già partecipato con un sentito addio firmato da Antonio Giuliano ( bit.ly/2O7xwEn ). Mentre non si sa ancora dove e quando avverrà il funerale (i tifosi vorrebbero si svolgesse nello Staples Center, l'impianto sportivo già teatro delle esequie di Michael Jackson), si sa che sarà celebrato secondo il rito cattolico: è questa la fede cui Bryant aderiva, come testimonia il fatto, riferito da molte cronache, che la domenica del fatale incidente, prima di partire, sia andato a Messa insieme alla figlia. Così la sua morte ha indotto a prendere la parola, tra tanti, due commentatori abituali della blogosfera ecclesiale: un laico, Aldo Maria Valli, e un presbitero, don Mauro Leonardi. Valli, che è cultore della materia cestistica, titolando il post «Ricordo di Kobe Bryant. Campione. Cattolico» ( bit.ly/2tWYEPC ), ha focalizzato il suo testo sul ruolo cruciale, nella vita del grande atleta, della fede cristiana; in particolare dopo il difficilissimo momento dell'accusa di stupro, affrontato grazie all'accompagnamento di un sacerdote, e dell'inevitabile crisi matrimoniale, che la coppia ha poi superato. «Kobe Bryant, "al di là" in ogni senso» è stato invece il titolo del post di don Leonardi ( bit.ly/313xT85 ), che si è concentrato sulla capacità del giocatore di andare oltre la dimensione, straordinaria, del «campione» sportivo per testimoniare al suo immenso pubblico non meno significative doti di «umanità realizzata». Per dire infine, con l'aiuto di una visione, che Bryant credeva nella «vita del mondo che verrà». Mi piace vedere questi due commenti come complementari: anche perché il laico Valli ha parlato un po' come avrebbe potuto farlo un prete, mentre il prete Leonardi, con il suo linguaggio, ha toccato corde più laiche.
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