L'Italia ha da pochi giorni una legge che tutela la biodiversità agraria e alimentare. Si tratta di un passo importante, che rende più forte un comparto che vale diversi miliardi di euro e decine di migliaia di posti di lavoro. Per questo, le associazioni delle imprese agricole hanno accolto applaudendo la notizia mettendo in fila il lungo elenco di "diversità alimentari" del Bel Paese.Ma cosa cambia con questo provvedimento, visto che dopo tutto prodotti Doc, Dop, Igp e via dicendo hanno già tutela? Il Sistema nazionale della biodiversità agraria e alimentare – perché così si chiama il nuovo meccanismo –, prevede quattro strumenti operativi. Prima di tutto una anagrafe della biodiversità (dove saranno indicate le risorse genetiche a rischio di estinzione), poi un Comitato permanente (che dovrà garantire il coordinamento delle azioni tra i diversi livelli di governo), una Rete nazionale (con l'obiettivo di preservare le risorse genetiche locali), infine una vero "Portale nazionale" di banche dati a disposizione epr sapere per davvero cosa abbiamo fra le mani. Ma non basta, perché oltre ad una serie di capitoli dedicati alla ricerca, la nuova legge stabilisce la creazione di un Fondo di tutela per sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori in difesa proprio della biodiversità, che dovrebbe avere una dotazione di almeno mezzo milione di euro all'anno. Forse non molto, ma è qui, al di là delle opportune azioni per conoscere meglio la biodiversità alimentare italiana,che si può cogliere per davvero la novità del provvedimento. Non ci si limita a disegnare uno schema conoscitivo, ma anche ad dare concretezza a strumenti di intervento. Ne dovrebbero beneficiare, come ricorda per esempio Coldiretti, i circa 4.886 prodotti alimentari tradizionali, le 272 specialità Dop/Igp, i 415 vini Doc/Docg tanto per ricordare qualcuna delle categorie più importanti in grado di portare il buon nome dell'italianità agroalimentare in giro per il mondo. Tutela, dunque, più ampia e forte dai grandi significati ambientali ma anche economici. Quello che ci serve per non mollare la presa di alcuni dei mercati mondiali più importanti. Soprattutto in un momento delicato come questo. Per capire basta rileggere gli ultimi rapporti Ismea di questi giorni. Da un lato, infatti, continua ciò che i tecnici definiscono "clima di attesa" sui mercati agricoli, dall'altra alcuni nostri prodotti di punta, come il vino, continuano a conquistare le prime posizioni nel mondo: da gennaio ad agosto le esportazioni di etichette nostrane hanno raggiunto i 3,39 miliardi di euro. Biodiversità miliardaria, appunto.
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