«Achille mette in crisi tutto ciò che costituisce la civiltà epica: l'onore, la gloria. Sotto il suo affronto, questa civiltà crollerà per sempre. Achille ama il soffio leggero della vita: ciò che la divide dalla morte. Non ama quell'insieme di necessità, di abitudini, di casi e di istituzioni, che chiamiamo: "realtà": la ricchezza, il cibo, il sonno, l'igiene, la minuziosa e tediosa esistenza umana. T'ha generato il mare – gli dice Patroclo – Achille ha la durezza delle rocce scoscese e lo scintillio minaccioso e abbagliante delle onde» (Pietro Citati). Il paragone col soffio e con le onde porta il più famoso eroe dell'antica Grecia, vicinissimo a noi che pure ci troviamo a nuotare nel mare di un mondo in movimento, a cavalcare schiume precarie che si formano e si sfaldano in men che non si dica, lasciandoci spesso in apnea. Siamo, così, costretti anche a ripensare i fondamenti della nostra "realtà", un atto indispensabile per quando si tratterà di costruirne una nuova. Prezioso è, allora, il primato conferito da Achille non all'«insieme delle necessità» ma all'amore per «il soffio leggero della vita».
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