Per il senso comune europeo, esiste o non esiste la letteratura italiana degli ultimi due secoli? Se si devono interpretare le parole pronunciate qualche giorno fa da Mario Draghi nell'annunciare i nuovi accordi tra Italia e Francia presi con Emmanuel Macron, vengono dei seri dubbi in proposito. Volendo sottolineare la vicinanza anche culturale fra i due Paesi, prima di evocare alcune stelle del cinema come Mastroianni, Belmondo e Claudia Cardinale, Draghi ha tentato con la letteratura e i nomi che gli sono venuti in mente sono stati Stendhal (che si definì “milanese” e scrisse La certosa di Parma) e Umberto Eco. Proprio così ha detto: «da Stendhal a Eco». La cosa che colpisce è che il nostro ottimo e colto presidente del Consiglio non è riuscito a trovare nella nostra letteratura più o meno recente nessun altro scrittore italiano che Eco. Ma accostato a un vero genio della narrativa moderna, Eco non può che mettere la nostra letteratura in cattiva luce. A orecchio, a intuito, il nostro molto europeo Draghi deve essersi accorto che fra i nostri scrittori moderni non c'è un nome che sia abbastanza noto in Europa, che il lettore medio europeo consideri un classico del nostro continente. Non poteva dire Leopardi o Manzoni e Stendhal, ma neppure Pirandello, Svevo, Moravia, Montale, Gadda, Pasolini... Chi li legge in Europa? Chi li ritiene autori imprescindibili? Calvino era molto francesizzato e visse per anni a Parigi, fra i professori di letteratura ha avuto notorietà e prestigio. Ma di fronte a quella di Stendhal, la sua fama forse non regge. E così una semplice frase del nostro capo di governo ci ha ricordato due cose piuttosto scoraggianti: la prima è che la nostra letteratura moderna, tanto influenzata da quella francese, internazionalmente è quasi ignorata; la seconda cosa è che nell'ultimo mezzo secolo, non conta la qualità ma solo chi vende milioni di copie... Però (ricordiamolo) Stendhal, finché visse, di successo ne ebbe poco o niente.
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