giovedì 18 maggio 2017
Il motto delle Olimpiadi moderne "Citius, altius, fortius" (più veloci, più alti, più forti) non è solo la legge dell'atletica e delle competizioni sportive in generale ma dell'intera nostra civiltà, ne rappresenta cioè la quintessenza: la corsa a superare i limiti, a produrre e consumare sempre di più, a puntare solo sulla crescita. E se noi invece decidessimo di impostare i nostri stili di vita su un altro modello, basato su un motto alternativo, "Lentius, profondius, suavius" (più lenti, più profondi, più dolci), non potremmo guadagnarci in umanità? È questa una delle proposte, provocatorie ma nemmeno tanto se si legge ad esempio la Laudato si', di Alex Langer, un uomo che ha speso la sua vita nel gettare ponti. Uomo, l'ho chiamato, perché ogni altra definizione che prenda spunto dalle sue infinite iniziative ed attività (è stato giornalista e scrittore, sociologo e uomo politico, leader ecologista e pacifista) è limitativa. E forse la definizione migliore è quella che dà il titolo al libro di cui oggi proponiamo la lettura, Il viaggiatore leggero (Sellerio 1996), una raccolta dei suoi scritti fra il 1961 e il 1995, anno in cui si tolse la vita lasciandoci con quel gesto un ultimo messaggio: «C'è anche chi cade, chi non regge più il peso della storia e della solitudine», come sottolinea Goffredo Fofi nell'introduzione al volume. Forse, sentiva che il suo progetto di fare da ponte nelle parti in lotta durante le guerre balcaniche era fallito, così come il suo sogno utopico di un mondo di pace mentre odi e conflitti dominano incontrastati, anche perché troppa memoria – diceva Paul Ricoeur – può nuocere allo stesso modo dell'assenza di memoria.
Sorprenderà aprendo le pagine di questo libro un suo articolo sull'anima dell'Europa scritto nel 1964 a soli 18 anni, che oggi certo non sfigurerebbe sui nostri quotidiani, o altri suoi testi dedicati al "paradosso cristiano", il suo sogno di un «cristianesimo rivoluzionario per l'importanza che attribuisce ai poveri, ai deboli e agli oppressi». In un intervento del '69 a Tubinga, proponeva di istituire «un ufficio profetico della chiesa» e così lo illustrava: «È ora di abbandonare quel narcisismo ecclesiale che porta a considerare i problemi della chiesa riferiti solo a se stessa, quasi fosse entità a sé, e pensare invece ad eventuali servizi da rendere agli uomini». Aveva in mente un cattolicesimo basato sulla predica della Montagna, un'impronta cristiana rimastagli cucita addosso in tutte le varie fasi del suo impegno. Studiando a Firenze, aveva conosciuto Giorgio La Pira e un ieratico don Milani, che era andato con un amico a incontrare a Barbiana dopo il caso suscitato dalla pubblicazione di Esperienze pastorali. Due cose gli erano rimaste impresse delle parole pronunciate dal Priore: la consegna di non aumentare il divario culturale fra gli studenti e la grande massa della gente non istruita, fino all'invito provocatorio ad abbandonare l'università; e una riflessione dedicata al giudizio universale, al momento del bilancio della propria esistenza davanti a Dio, nella coscienza che «non si possono amare concretamente più di 3-400 persone», cosa che don Lorenzo aveva fatto scegliendo di condividere la sua vita coi i poveri. Una frase che deve aver colpito Langer, e forse meravigliato: la sua utopia di pace e convivenza mirava più in alto, voleva essere rivolta a tutti.
Le sue posizioni spesso sorprendevano, come quando nel 1987 sul Manifesto difese l'allora cardinale Ratzinger e l'Istruzione vaticana contro le manipolazioni genetiche, suscitando reazioni negative in gran parte della sinistra, fra cui Rossana Rossanda. Langer scriveva che «siamo alle soglie (e probabilmente già oltre) di una pericolosissima e forse irreversibile violazione di equilibri naturali e biologici, paragonabile a quella della bomba atomica». Concetti ripetuti nell'ultimo scritto che compare nel libro, la nota e bellissima lettera a san Cristoforo in cui mette in guardia dalle «gravidanze in leasing» e chiede una conversione ecologica basata su frugalità e semplicità. Come scrive Adriano Sofri nell'appendice del volume, Langer «ha emulato il suo caro san Cristoforo, ha preso sulle spalle un carico che sembrava leggero come un bambinello», ma che era pesantissimo in realtà, forse insostenibile.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: