«Perché non riesco a uccidere Dio dentro di me? Perché Dio continua a vivere dentro di me, contro la mia volontà? Perché mi umilia? Io lo prego e lo chiamo nel buio, ma è come se non ci fosse nessuno. Forse non c'è nessuno davvero. Io lo maledico. Vorrei estirparlo da me. Perché rimane in me? Perché quest'idea di cui non riesco a liberarmi?». Abbiamo già fatto eco a Giobbe e al suo continuo interrogare Dio sull'assurdità della condizione umana e sul proprio dolore. E abbiamo individuato come il fatto che Giobbe, pur con toni urticanti, mantenga aperto il proprio canale di comunicazione con Dio, rende le sue rimostranze al divino una preghiera sublime, come ha ricordato nel suo dotto commentario Giobbe (Borla) il biblista Gianfranco Ravasi. Queste righe che sopra riportiamo sono la ricostruzione di un personaggio della Germania del post-Lutero, Jan Beukels, uscito dalla penna di Robert Schneider, scrittore austriaco, del quale abbiamo citato alcune righe di Kristus (Neri Pozza). Schneider fa gridare il proprio personaggio con una voce tipicamente moderna, con la rimostranza dell'uomo contemporaneo che non crede in Dio, ma non riesce a togliersene il pensiero. E l'assillo lo accompagna. In effetti, solo la convinzione di un Dio come Padre può pacificare l'inquietudine che ci abita.
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