L’attivista dem pro-life che sfida il suo partito
giovedì 3 ottobre 2024
Kristen Day prima è diventata democratica, poi attivista pro-life. E non ha mai pensato che le due posizioni fossero antitetiche.
«Mi sono iscritta al partito nell’87, quando ero all’Università del Wisconsin, e mi sono subito innamorata delle sue posizioni: l’aiuto ai poveri, la regolamentazione delle imprese, il sostegno ai lavoratori, le campagne per le medicine gratis agli anziani». Appena laureata, Kristen si è gettata come volontaria nella campagna di Michael Dukakis e ha testimoniato da vicino «la passione di molti democratici per misure che portassero il boom economico ai più vulnerabili, comprese le madri e i bambini non nati».
L’aver partecipato, nel 1999, alla fondazione del gruppo Democrats for life, che oggi dirige, è stata una conseguenza logica di quell’attivismo. «All’epoca non eravamo ai margini, facevamo parte integrante del partito».
Il sostegno alla vita nascente per Kristen era dunque un aspetto dell’aspirazione a una società più giusta. «Essere pro-life non era una priorità nella mia famiglia, ma era in me — dice —. Già all’università mi dicevo che la vita inizia nel grembo materno, ma era un’idea teorica. Poi sono andata a lavorare per il deputato Jim Barsha del Michigan. Ero la nuova assistente legislativa e mi sono trovata ad occuparmi del dossier vita. Ho capito che essere a favore della vita è una posizione molto concreta».
Essere pro-life per Kristen non è nemmeno solo il risultato della fede. «Sono cattolica convertita, cresciuta presbiteriana, ma sono arrivata a difendere la vita più sulla base dell’esperienza personale». Compresa la perdita di due figli a causa di aborti spontanei. «È stato traumatico. È un grande disservizio indurre le donne a pensare che un embrione è solo un grumo di cellule, perché aumentiamo il rischio di traumi».
Negli anni successivi, Kristen ha avuto tre bambini e le è stato chiaro «quanto sia vulnerabile la vita e quanto le madri abbiano bisogno di sostegno per portare a termine una gravidanza e crescere i loro figli».
Tornata all’attivismo, Kristen si è accorta anche che le cose erano cambiate. «Io rimanevo una democratica tradizionale, ma il partito stava perdendo di vista la protezione di certe categorie, soprattutto gli anziani, i bambini e le madri poveri, i non nati». Un esempio? Quando Kristen era giovane c’erano 125 deputati democratici difensori della vita alla Camera. «Gradualmente, sono stati spinti fuori dal partito. Ora siamo arrivati a tre e alla Camera e due al Senato. Ma in America ci sono ancora 21 milioni di democratici pro-vita nel Paese, che non si sentono rappresentati».
Pian piano, essere «Democrats for life» è diventata una contraddizione in termini. Kristen, che ha preso in considerazione abbandonare il partito, è rimasta per quei 21 milioni. «E per le madri che hanno avuto un aborto e non lo dimenticano, o i padri che non sono stati consultati e hanno perso un bambino. L’aborto non è una questione di parte, è una questione umana».
Nonostante siano diventati una specie rara, i Democrats for life hanno messo a segno non pochi successi negli ultimi 15 anni. Nel 2006 e nel 2008 hanno fatto eleggere abbastanza dei loro membri da contribuire a far tornare la Camera ai dems. E fino al 2016 sono riusciti ad aggiungere un linguaggio di apertura alla vita nascente e di sostegno alle madri incinte nel programma del partito.
«Ora il partito è controllato dall’industria dell’aborto — spiega Kristen —. Quindi è il momento di essere più attivi che mai».
Di recente il gruppo ha redatto il Pregnant Women Support Act, un pacchetto di legislazione federale che aumenterebbe l’assistenza sanitaria materna e ridurrebbe la domanda di aborti. Kristen personalmente, lavora più che mai. «Cerco di spingere repubblicani e democratici a livello federale e statale a lavorare insieme su obiettivi comuni. Come ridurre il costo dell’adozione dei neonati, trovare case di lungo termine per i bambini in affido, aiutare la gravidanza attraverso centri pubblici-privati che forniscono assistenza sanitaria gratuita senza domande, senza giudicare».
Per Kristen è questa la vera «libertà di scelta» che una donna dovrebbe avere. Democratica o repubblicana che sia. © riproduzione riservata
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