Vi sono dei momenti della comunicazione pubblica in cui, ritengo, dovrebbero sentirsi di più le voci cristianamente ispirate, e invece le si sente assai poco: sto parlando dei processi mediatici che, grosso modo dal caso Cogne in poi, ingigantiscono e spettacolarizzano le numerose storie di cronaca nera che si dipanano nelle nostre periferie "geografiche ed esistenziali", e che vedono quasi sempre donne e/o bambini tra le vittime. "Delitti negli affetti" li chiamavo, qui su WikiChiesa, in un'altra occasione in cui sottolineavo questa carenza e questa necessità. Anche se comprendo la difficoltà di piegarsi sul tanto di vita vera – con tutta la sua povertà – che queste storie contengono senza partecipare alla grande messa in scena con la quale i media, soprattutto la Tv, le raccontano. Ma il web può essere una strada.Trovo puntuale a questo appuntamento (e non è la prima volta), su L'Huffington Post, don Mauro Leonardi ( tinyurl.com/gl9awob ). Egli si interroga sul perché, tra i tanti che la cronaca ci mostra sul banco degli imputati, prima, e dei condannati/assolti, dopo, Veronica Panarello, appena riconosciuta colpevole della morte del figlio Loris Stival, ci scuote con tanta forza: «In cucina la signora smette di tagliare le zucchine e si volta, il barbiere smette di fare i capelli e guarda, il barista e l'avventore fanno freddare il cappuccino», quando la Tv ne parla. La sua risposta è che in questa donna, più che in altri, ci rispecchiamo, o meglio vediamo riflessa la libertà e la capacità di fare il male che ciascuno di noi possiede, quel «buco dentro che avevano sia Caino che Abele», quel «posto del cuore dove il bene non c'è». Con altre parole, potremmo dire che è l'«assassino della porta accanto» e che certo anche per questo campeggia nelle cronache più di un incallito capomafia. Ma se vive nel mio stesso condominio, è un mio "prossimo": se sarò capace di volergli un po' di bene, forse lui sarà meno tentato di fare del male.
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