Un giorno Dio stesso segnalò al monaco Dimitri il suo desiderio di incontrarlo faccia a faccia nella steppa russa in una data e in un punto preciso. Il monaco si mise in marcia per non perdere quell'appuntamento. Mentre camminava, s'imbatté in un contadino disperato perché il suo carro s'era impantanato e non riusciva a smuoverlo. Dimitri, allora, si fermò ad aiutarlo con gran perdita di tempo. Quand'ebbe finito, corse all'appuntamento. Dio, però, non c'era più.
Questa non è una citazione ma il riassunto di una parabola evocata dallo scrittore francese Albert Camus nel suo dramma sulla rivoluzione I giusti (1950). Due sono le possibili applicazioni del racconto. La prima, pur dotata di un suo significato positivo, è forse parziale e un po' sospetta: quando Dio ci chiama non dobbiamo lasciarci distrarre da altri impegni, non dobbiamo lasciarci attirare da uomini e cose, pur rilevanti, perdendo così l'appuntamento col Signore. Lezione fondata ma cristianamente imperfetta. Ecco, allora, l'altra applicazione della storia.
Dimitri, in realtà, aveva già incontrato Dio, celato proprio dietro il volto di quel contadino desolato e bisognoso di aiuto. Non è forse vero che Cristo ci ammonisce che «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Matteo 25, 40)? C'è, infatti, una dimensione sacra nell'amore per il fratello tant'è vero che nella Lettera agli Ebrei sta scritto: «Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace» (13, 16). Questi giorni "santi" dovrebbero sollecitare il cristiano a tale incontro mediato con Dio, senza però dimenticare quello diretto e personale.
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