Milano, ottobre - La sirena dell'ambulanza, bloccata nel traffico, lacera l'aria con il suo grido. Per lunghi secondi non riesce ad avanzare; e la sirena urla, urla. Finalmente accelera, e corre verso un ospedale. Nella mattina di pioggia mi tornano in mente gli anni in cui facevo la volontaria sulle ambulanze. Avevo poco più di vent'anni e conoscevo solo il mio mondo borghese, il centro di Milano, il liceo perbene.
La Croce Verde Baggio era all'estrema periferia della città, fra i palazzoni delle case popolari, tutti uguali: una Milano che io non avevo mai visto. Facevo spesso il turno di notte, con altri tre ragazzi. La nostra ambulanza sostava a una "colonnina" a un angolo di via Forze Armate. La colonnina era il telefono con cui ci chiamavano, dalla Centrale dei vigili. In inverno una nebbia fitta calava con il buio su quella periferia, tanto da non vedere oltre il parabrezza.
Le notti, erano tutte diverse. Talvolta non accadeva niente, e allora, lasciando un compagno di guardia, si andava a scaldarsi al dopolavoro dell'Atm, a pochi passi. I tramvieri giocavano a carte, litigavano in dialetto e fumavano. L'aria era una nuvola di fumo.
Altre notti invece non c'era un minuto di pace. Un incidente sulla Tangenziale: si accendeva la sirena e via, di corsa, dentro la nebbia, fino alle fiaccole accese a segnalare il luogo. Sull'asfalto auto distrutte, per terra i feriti, immobili. Se c'era una moto di mezzo era peggio, spesso il motociclista era molto grave. Un ragazzo, quasi sempre: inerte, gli occhi chiusi, in mezzo a una pozza di sangue. Lo guardavo e pensavo a sua madre, che ancora non sapeva. Lo guardavo dicendomi sbalordita quanto è fragile la vita, se una caduta basta a cancellarci. Cancellarci, del tutto? Non mi sembrava possibile che tutto, di un uomo, finisse in un istante, ad un incrocio.
Si entrava nelle torri popolari, abitate prevalentemente da immigrati dal Sud, e ci si trovava in case tanto diverse dalla mia: due stanze e sei persone, sul muro del tinello una immagine di Padre Pio, accanto un grande televisore, quasi il cuore della casa. E come era mortalmente pallido il vecchio che si sentiva male, e quanto spaventati i bambini, che pure senza capire avvertivano la presenza di una silenziosa visitatrice. Erano istanti muti, istanti di vecchie mani che cercavano la tua, e che tu stringevi forte. Poi, col suo urlo, l'ambulanza se ne andava.
Non dimenticherò mai la bambina incontrata una sera sulle scale di una casa popolare. L'avevano rasata a zero per i pidocchi, ma lei stringeva qualcosa in mano e mi sorrideva. Che cos'hai lì? le chiesi. La bambina schiuse il pugno, mostrando un ovetto di cioccolata mezzo sciolto. Ma che occhi splendenti aveva, felice del suo tesoro. Pensai quanto Dio doveva amare quell'innocenza, quella limpidezza. L'ambulanza ripartiva. Le feci una carezza e me ne andai.
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