L’ambiguo rapporto tra politica e tv
mercoledì 12 giugno 2024
Al di là delle maratone elettorali, il vero interesse del telespettatore dopo il voto si esaurisce spesso in quel minuto in cui si dichiarano chiuse le urne e partono gli exit poll. Tutto il resto è noia, avrebbe detto Franco Califano, ancor prima che Angelina Mango, interpretando, ovviamente, il parere del telespettatore, non certo degli addetti ai lavori che come tali sono costretti a sorbirsi in tv una miriade di politici (e anche di giornalisti con il dono dell’ubiquità) pronti a ripetere all’infinito il proprio punto di vista e quindi la propria parziale e soggettiva interpretazione di numeri di per sé oggettivi come quelli di un’elezione. Per di più, a proposito delle Europee, in campagna elettorale in Italia si è parlato pochissimo d’Europa e nei commenti post elettorali tra domenica e lunedì un po’ su tutte le reti televisive si è fatto altrettanto, spinti anche dai conduttori nella speranza di raggiungere le platee più estranee al dibattito politico con una lettura tutta italiana del voto europeo puntando sulla polarizzazione del pro e contro il Governo nostrano attraverso le due donne leader dei due principali partiti (se si esclude quello degli astenuti che resta il più numeroso). Nello specifico, per accalappiare i telespettatori si è in qualche modo distinta La 7, che prima ha puntato sulla curiosità per la sfida di resistenza televisiva lanciata con la cosiddetta #MaratonaMentana di quasi 24 ore e poi affidando il commento del lunedì all’ironia politica di Propaganda live. Ma pur avendo gli altri scelto un’impostazione più tradizionale (da Porta a porta a Quarta Repubblica, ai vari speciali di tutti i Tg), i talk post elettorali di questi giorni hanno confermato che il rapporto tra politica e tv è ambiguo e spinge sempre più la politica al linguaggio dello scontro stile reality e nel migliore dei casi dell’intrattenimento televisivo. © riproduzione riservata
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