Al di là delle maratone elettorali, il vero interesse del telespettatore dopo il voto si esaurisce spesso in quel minuto in cui si dichiarano chiuse le urne e partono gli exit poll. Tutto il resto è noia, avrebbe detto Franco Califano, ancor prima che Angelina Mango, interpretando, ovviamente, il parere del telespettatore, non certo degli addetti ai lavori che come tali sono costretti a sorbirsi in tv una miriade di politici (e anche di giornalisti con il dono dell’ubiquità) pronti a ripetere all’infinito il proprio punto di vista e quindi la propria parziale e soggettiva interpretazione di numeri di per sé oggettivi come quelli di un’elezione. Per di più, a proposito delle Europee, in campagna elettorale in Italia si è parlato pochissimo d’Europa e nei commenti post elettorali tra domenica e lunedì un po’ su tutte le reti televisive si è fatto altrettanto, spinti anche dai conduttori nella speranza di raggiungere le platee più estranee al dibattito politico con una lettura tutta italiana del voto europeo puntando sulla polarizzazione del pro e contro il Governo nostrano attraverso le due donne leader dei due principali partiti (se si esclude quello degli astenuti che resta il più numeroso). Nello specifico, per accalappiare i telespettatori si è in qualche modo distinta La 7, che prima ha puntato sulla curiosità per la sfida di resistenza televisiva lanciata con la cosiddetta #MaratonaMentana di quasi 24 ore e poi affidando il commento del lunedì all’ironia politica di Propaganda live. Ma pur avendo gli altri scelto un’impostazione più tradizionale (da Porta a porta a Quarta Repubblica, ai vari speciali di tutti i Tg), i talk post elettorali di questi giorni hanno confermato che il rapporto tra politica e tv è ambiguo e spinge sempre più la politica al linguaggio dello scontro stile reality e nel migliore dei casi dell’intrattenimento televisivo.
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