venerdì 18 novembre 2016
Per capire il mondo contemporaneo serve ancora la conoscenza del passato, la Storia? Qualche anno fa (2010) uscì da Einaudi il lavoro di un grande storico inglese, John Elliott, Imperi dell'Atlantico, che metteva a confronto l'America a dominante inglese e quella a dominante spagnola e portoghese, vedendone i rispettivi limiti, appunto "imperialistici", ma senza i consueti pregiudizi sulla superiorità della cultura protestante che è alla base della civiltà Usa nel confronto con quella dei Paesi che vennero conquistati da spagnoli e portoghesi. Questi pregiudizi portano anche a definire, in modi per l'appunto "imperialistici", gli Usa come "America". L'imperialismo è imperialismo, l'inglese come lo spagnolo, e alla prepotenza militare e politica ha unito da sempre la prepotenza culturale, anche religiosa e forse soprattutto tale. Ma è giusto pensare che il «modello protestante» (così bene analizzato da Weber in L'etica protestante e lo spirito del capitalismo) sia, come hanno voluto farci pensare fior di maestri, segno di civiltà e il «modello cattolico» segno di barbarie, d'incapacità a essere "moderni" e "democratici"? Queste opinioni potrebbero venire ridiscusse alla luce di quel che accade nelle due parti del continente. La brutalità del potere è la stessa ovunque, solo le sue maschere cambiano. Ma oggi si può anche sostenere, noi che abbiamo subito e introiettato, come gran parte del mondo e tutta l'Europa, gli alienanti modelli dell'american way of life (cioè north-american way of life, anzi meglio, Usa-american way), una superiorità del modello meridionale, cattolico, su quello nordico, protestante: pur nell'orrore della storia, che ovunque, al Nord come al Sud, ha distrutto le religioni esistenti prima della Conquista. All'esaltazione dell'individuo, della sua possibilità di affermarsi attraverso il lavoro e l'economia, all'esaltazione di un individualismo amato e protetto da Dio, si contrappone una visione del cristianesimo meno "biblica" e non aggiustata ai valori del capitalismo, che crede ancora all'aiuto ai poveri, all'amore del prossimo e in particolare del più debole e diseredato, come base vitale per la visione e i comportamenti di ogni credente. Fenomeni come la teologia della liberazione sono impensabili nella cultura protestante, e se la Chiesa non vedesse più come suo fondamento l'amore del prossimo e dei poveri, vivere nel mondo attuale (non solo in America Latina!), sarebbe più duro per tutti. Con tutto il rispetto per certe Chiese protestanti che mi sono care proprio perché vedono nel credente la funzione prioritaria del servizio, e la praticano anche meglio dei cattolici (e penso, in Italia, alla piccola e salda chiesa valdese).
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