Biante, interrogato quale fosse l'animale più dannoso, rispose: «Se parli delle belve, il tiranno; se degli animali domestici, l'adulatore».
«Biante, chi era costui?», si chiederanno
molti lettori. Oltre che a una figura mitologica (il fratello dell'indovino Melampo), questo nome rimanda a un uomo politico greco vissuto nel VI sec. a.C., Biante di Priene, annoverato tra i sette sapienti dell'antichità. A raccontarci questo suo aforisma è un altro personaggio della cultura classica, lo storico e filosofo greco - ma vissuto a lungo anche a Roma - Plutarco (46/50 - dopo il 120) nelle sue famose Vite parallele, biografie di personalità presentate a coppie (un greco e un romano). Il tema principale della frase è esplicito, l'adulazione, difetto dal quale nessuno può dirsi totalmente immune, in senso attivo o passivo.
Attivo, perché una volta o l'altra abbiamo sacrificato un po' di verità e di dignità pur di compiacere il potente di turno o anche solo semplicemente chi ci assicurava un favore o uno scatto di carriera. Passiva è, invece, l'adulazione subita e qui alzi la mano chi non sente un certo languore nell'anima quando intercetta una lode in suo onore. Un proverbio arabo molto realisticamente ci assicura che è «meglio una lode falsa di un rimprovero vero». E' interessante notare che Biante pone l'adulazione tra i pericoli più gravi della vita "domestica", ossia della società civile che coltiva buone relazioni. Questo, infatti, è il rischio dei rapporti pacati e normali: purtroppo quando in essi s'inserisce la piaga della seduzione e dell'inganno, questi rapporti acquistano un tono di falsità e alla fine di sospetto e così si infrangono irrimediabilmente.
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