Forse è perfino superfluo ricordare quale significato abbia l'acqua nella simbologia cristiana. L'acqua che purifica, l'acqua che ci fa rinascere a nuova vita, che lava le anime... Elemento vitale, essenziale per la nostra esistenza come l'aria che respiriamo, imprescindibile. Molto semplicemente, la vita dei credenti non può fare a meno dell'acqua. Quella dei credenti, ma anche quella dei non credenti. Perché senz'acqua si muore. Non c'è alternativa possibile. Muore ogni forma di vita, e muoiono gli uomini. Quasi sette milioni ogni anno per patologie legate alla mancanza d'acqua, mentre le persone a rischio sono quattro miliardi. E tutto questo quando il 12% della popolazione mondiale usa l'85% delle risorse del pianeta. Quello che per chi crede è “anche” un simbolismo, per tutti è energia vitale, senza la quale ogni cosa si spegne. Tutto. Presente e futuro.
Nel maggio del 1980, nel pieno della crisi del Sahel, celebrando la messa a Ouagadougou, capitale dell'Alto Volta (oggi Burkina Faso), Giovanni Paolo II lanciò uno storico appello facendosi «voce di quelli che non hanno voce: la voce degli innocenti morti perché non avevano acqua e pane; la voce dei padri e delle madri che hanno visto morire i loro figli senza capire, o che vedranno sempre nei loro figli le conseguenze della fame patita; la voce delle future generazioni le quali non devono più vivere con la terribile incombente minaccia sulla loro esistenza... Non aspettiamo che la siccità ritorni, spaventosa e devastatrice... Tutti, ve ne prego, ascoltate questo appello, ascoltate le voci del Sahel e di tutti i Paesi vittime della siccità, senza eccezione alcuna. E a tutti voi io dico: “Dio ve ne renda merito!”».
Come le cose siano andate, in questi quarant'anni, purtroppo lo sappiamo tutti. La privatizzazione delle falde acquifere ha compiuto passi da gigante, in tutti i continenti e spesso con i finanziamenti della Banca mondiale. Dietro al paravento della “razionalizzazione” si è spianata la strada a veri e propri monopoli, in mano a poche multinazionali, che di tutto si preoccupano tranne che delle conseguenze sulle popolazioni di tali azioni. Non a caso parlando a un Workshop sull'acqua organizzato nel febbraio del 2017 dalla Pontificia Accademia delle Scienze, Papa Francesco si domandava «se, in mezzo a questa “terza Guerra mondiale a pezzetti” che stiamo vivendo, non stiamo andando verso la grande guerra mondiale per l'acqua». E ribadiva che «ogni persona ha diritto all'accesso all'acqua potabile e sicura», e che questo è «un diritto umano essenziale e una delle questioni cruciali del mondo attuale». Una preoccupazione pressante, al punto di arrivare a dire, nella sua Enciclica Laudato si', che «è prevedibile che il controllo dell'acqua da parte di grandi imprese mondiali si trasformi in una delle principali fonti di conflitto di questo secolo».
È dunque su questo solco che domenica scorsa, all'Angelus, nella “Giornata del Ringraziamento” che la Chiesa italiana ha dedicato al tema “L'acqua, benedizione della terra”, che Bergoglio s'è rivolto «al mondo rurale, specialmente ai piccoli coltivatori» sottolineando come «il loro lavoro è più che mai importante in questo tempo di crisi», e ricordando una volta di più come sia indispensabile «salvaguardare l'acqua come bene comune, il cui uso deve rispettare la sua destinazione universale». Perché l'acqua «è vitale per l'agricoltura, è anche vitale per la vita!». Nessuno se ne può impadronire. Mai.
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