Khady costruisce la pace accanto ai più poveri
giovedì 13 febbraio 2025

Non è ancora italiana, ma nel profondo sente di esserlo già da tempo. L’agognata cittadinanza sarà la certificazione del suo percorso di donna immigrata, che dal Senegal all’Italia ha scelto di mettersi al servizio di chi, italiano o straniero non importa, ha più bisogno. Khady Sene è tra le poche donne e con i suoi 31 anni certamente la più giovane direttrice di Caritas mai nominata da una diocesi. Non solo: è anche la prima e finora unica immigrata extracomunitaria a ricoprire questo incarico, nominata dal vescovo di Foggia-Bovino, don Giorgio Ferretti, lo scorso settembre.

Figlia di una dottoressa e di un imprenditore, 6 fra fratelli e sorelle, nata e cresciuta a Rufisque, città portuale di 180mila abitanti non molto lontano dalla capitale Dakar, Khady è arrivata dal Senegal nel nostro Paese 13 anni fa, con l’obiettivo di completare i suoi studi in lingue straniere. Mentre riconquistava il diploma di scuola media e quello delle superiori – i suoi titoli di studio non sono mai stati riconosciuti – e lavorava a Foggia come receptionist per mantenersi, ha conosciuto le miserie di tanti altri africani meno fortunati di lei: i braccianti sfruttati dai caporali nei campi della Capitanata e assiepati nei ghetti della provincia. E poi le donne vendute nella tratta. Prima come volontaria, poi come operatrice e oggi come direttrice Caritas, Khady conosce i dolori dei più fragili, e a loro dedica le sue energie.

Khady Sene

Khady Sene - courtesy Michele Parisi

L’8 marzo riceverà il Premio internazionale per la pace e la non violenza dal Comune di Monteleone di Puglia, nel foggiano, insieme alla nostra inviata Lucia Capuzzi: «Significa tanto per me. È un premio inaspettato, emozionante, mi rende orgogliosa del percorso che ho fatto nella diocesi di Foggia», dice in videocollegamento con Avvenire, lunghissime treccine scure a incorniciarle il bel viso. «Perché a me un premio per la pace? Credo che la pace non riguardi solo le situazioni di guerra, ma è un lavoro che come operatori Caritas portiamo avanti ogni giorno. Seminare la pace nel mondo vuol dire anche riparare situazioni di ingiustizia. E noi cerchiamo di farlo. Un modo concreto è restituire alle donne vittima di violenza economica la possibilità di essere autonome, aiutandole a formarsi e a trovare un lavoro. Un altro modo è astenersi da parole e gesti ostili ed educare gli altri a fare altrettanto».

Khady Sene come operatrice Caritas è stata per anni un riferimento per gli immigrati extracomunitari, soprattutto per coloro che vivono nei ghetti: ora che dirige la Caritas diocesana il suo sguardo si è ampliato a ogni bisogno. Tra i primi progetti che ha seguito in prima persona c’è quello contro l’emergenza freddo, progettata con le parrocchie, per dare ospitalità ai senza fissa dimora durante l’inverno, e la campagna con Luxottica per offrire visite oculistiche e occhiali a chi è senza risorse.

«Il mio impegno è per loro, gli invisibili, anche se questa parola non mi piace – spiega Khady – perché invece hanno un volto, una voce e siamo noi che li rendiamo così, invisibili, perché non ci accorgiamo di loro. Noi cerchiamo di esserci, di non abbandonare nessuno». In attesa di concludere le pratiche per la cittadinanza, Khady progetta anche il suo futuro, a fianco del fidanzato medico: «Il sostegno che c’è sempre», dice nel suo italiano perfetto.

E poi c’è la laurea in Giurisprudenza, che per lei è quasi conquistata sul campo. Sono già leggendarie, infatti, le sue capacità di dialogo e coinvolgimento con tutti gli interlocutori che incontra nel suo lavoro, dalle forze dell’ordine agli assistenti sociali. «Sì, ho un sogno per Foggia: vedere una città unita, capace di vivere insieme. Il mio lavoro non è quello di dividere ma di unire. Per questo sposo l’idea del vescovo di coinvolgere tutti e di operare sempre in comunità con le parrocchie e le organizzazioni del territorio». Anche questo è costruire la pace.

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