Ho avuto l'onore di essere, un paio di giorni fa, nella squadra dei testimonial di Oralimpics 2019. Miei eccellenti compagni, capitanati dall'arcivescovo di Milano Mario Delpini, gli atleti o dirigenti sportivi Paolo Maldini, Beppe Baresi, Giusy Versace, Andrea Zorzi, Nadia ed Elena Fanchini, Daniele Cassioli, Adriano Galliani. Cosa hanno in comune questi calciatori, pallavolisti, sciatrici, atleti paralimpici, allenatori e manager? Uno stesso punto di partenza, un oratorio. Tutti, proprio tutti, abbiamo dichiarato che senza un oratorio non avremmo mai incontrato lo sport e non saremmo arrivati mai lì dove, probabilmente, nessuno di noi avrebbe mai sognato di arrivare. Una mattinata emozionante, vissuta su un campo da calcetto allestito in piazza del Duomo, a pochi metri dal capolavoro gotico, presentando l'ennesimo progetto visionario del Csi: i Giochi Olimpici degli oratori. Dal 28 al 30 giugno, oltre 3.500 ragazze e ragazzi e 300 volontari si cimenteranno, nell'ex-area Expo, in una vera e propria esperienza olimpica, grazie all'aiuto della Regione Lombardia, del Comune di Milano e di 29 Federazioni sportive. Un tuffo al cuore e una nuotata in un mare pulito, quello dove tutto, per me, è iniziato: Torino, città pilota nell'affrontare temi di unità e solidarietà riguardanti il nostro Paese.
Nel cuore della città di Torino, quartiere operaio Borgo San Paolo, c'è una chiesa francescana, San Bernardino da Siena. Intorno alla chiesa c'è il mio oratorio: un campo di calcio, uno di basket e pallavolo, una sala giochi e delle sale riunioni dove ho trascorso quasi 15 anni di vita. Il mio oratorio è il posto che ha occupato i miei pomeriggi di ragazzo, dove si organizzavano i campi estivi e invernali in una casa alpina che si chiama (guarda un po') San Francesco, in una frazione della Val Maira che si chiama Pratorotondo: certi luoghi hanno nomi meravigliosi! Il mio oratorio è una collezione di nomi, di volti, di storie, di momenti felici, di gioie, di dolori, di tragedie, di difficoltà da affrontare e superare esclusivamente applicando un'unica, irrinunciabile, semplice regola: sempre insieme! Il mio oratorio è il posto dove ho incominciato ad allenare una microscopica società sportiva a cui avevamo dato un lunghissimo nome: Coordinamento Giovanile San Paolo. In quei pomeriggi, nelle lunghe ore passate insieme, si discuteva di fede, solidarietà, integrazione, ragazze, politica, sport. Si parlava di futuro, di quello che saremmo voluti diventare e di come saremmo diventati davvero. In certi pomeriggi particolarmente felici non si parlava soltanto, ma si sognavano sogni collettivi spingendosi, talvolta, a sognare che qualcuno di noi, partendo da una microscopica società sportiva dal nome lunghissimo, un giorno magari sarebbe andato ai Giochi Olimpici... e tutti giù a ridere!
I nostri oratori sono posti che aiutano a sognare dei sogni talmente grandi che da solo non riusciresti a sognare, un luogo dove si va incontro alla vita, con un'unica semplice e irrinunciabile regola: sempre insieme! Un posto che ti insegna a camminare e partire, senza sapere dove andrai a finire. A me è capitato di finire su un podio e di conquistare una medaglia ai Giochi Olimpici di Londra, nel 2012, e la riga finale della favola la scrissero i miei amici che, al ritorno, organizzarono una festa comunitaria per festeggiare me e quella medaglia. Ci si ritrovò, cambiati dalla vita e dal tempo, diversi da allora, certo. Qualcuno non c'era più (almeno su questa terra), qualcuno aveva realizzato i suoi sogni, qualcuno li aveva cambiati. Ci ritrovammo nel nostro posto di ragazzi, tenendo per mano i nostri figli. Di nuovo lì, nel cuore di Torino, Borgo San Paolo, con tante cose cambiate, ma non quella regola: di fronte alle cose importanti, belle o brutte, facili o difficili, c'è un solo modo di porsi: sempre insieme!
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