È effettivo da domani l'inquadramento in ruolo dei docenti di religione (idr), per un contingente di 3.077 unità. Si completa così la seconda tranche del programma triennale di assunzioni a tempo indeterminato, con decorrenza giuridica dall'anno scolastico 2005/2006 e decorrenza economica dal 1° settembre 2006. Ai docenti neoassunti è data la facoltà di scegliere tra le diverse graduatorie (scuola dell'infanzia ed elementare e scuola secondaria) in cui risultano inseriti. È ora in corso la terza ed ultima tranche degli inquadramenti, per ulteriori 3.060 docenti, da assumere con riferimento all'anno scolastico 2006/2007.
I concorsi riservati, effettuati finora, hanno già ricevuto il placet della Corte Costituzionale. La Consulta ha dichiarato legittimo, lo scorso luglio, uno dei requisiti per l'accesso al ruolo (aver prestato servizio per almeno quattro anni nel corso degli ultimi dieci e con orario non inferiore alla metà di quello d'obbligo), respingendo un parere del Tar della Puglia in dubbio sulla sua legittimità.
E che gli stessi concorsi non siano un comodo lasciapassare per il posto fisso lo dimostra anche una recente sentenza del Consiglio di Stato (3668/2006) con la quale è stata censurata una commissione esaminatrice della prima tranche di inquadramenti, per non aver dedicato, nella correzione degli elaborati scritti, un lasso di tempo congruo per la valutazione della prova e per il conseguente giudizio di merito.
Resta tuttavia insoluta la posizione dei circa 6 mila insegnanti (il 30% della categoria in origine) che rimarranno esclusi dai nuovi inquadramenti in ruolo. Per questo residuo gruppo di docenti valgano ancora le norme sugli incaricati con contratto annuale.
Età per la pensione. L'infelice spaccatura della categoria si riflette, in particolare, sull'età del pensionamento. La legge 160/1955 prevede tuttora l'età pensionabile massima di 70 anni per i docenti di religione a tempo determinato e con rinnovo annuale automatico. Il nuovo ruolo organico impone invece la cessazione dal servizio a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne. Il recente decreto Bersani ha cancellato la possibilità per tutti i dipendenti pubblici di proseguire il servizio fino a 67 anni (riforma Amato) ed eventualmente fino a 70 anni (riforma Maroni). Tuttavia la pensione è assicurata da settembre per 650 docenti, coinvolti dall'improvvisa abolizione dei 70 anni, che sarebbero rimasti senza stipendio e senza pensione.
Per i docenti precari l'età pensionabile non è però interessata dal recente decreto. Questo, infatti, impedisce la "prosecuzione del servizio" dopo aver già raggiunto l'età pensionabile. Il requisito dei 70 anni per i docenti incaricati rappresenta invece la normale età per il pensionamento. E, a conferma della validità della distinzione, va notato che il decreto Bersani si riferisce espressamente solo agli articoli sulle età riportati nelle due riforme citate.
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