A diversi pensionati dell'Inpdap la notizia è stata comunicata lo scorso dicembre, alla vigilia di Natale: i redditi posseduti, per importi anche di poco superiori ai limiti di legge, impongono una riduzione della pensione; il debito che ne deriva sarà trattenuto sulla pensione a partire dalla rata di marzo. La rata, appunto, che è messa in pagamento la prossima settimana ai titolari di pensione ai superstiti e ai pensionati con carichi familiari. I redditi che hanno indotto l'Inpdap a procedere al recupero sulla pensione sono addirittura quelli percepiti nel 2004 e 2005, poi dichiarati dai pensionati tramite i Caf nel 2006, in seguito elaborati dall'ente nel corso del 2007, chiudendo nel 2008 la partita contabile.
Sulle caselle di questo incredibile gioco dell'oca perdono sempre i pensionati, che si trovano costretti a restituire dopo diversi anni somme anche di non poco conto. Nel corso della legislatura ora al termine, era stata avanzata la possibilità di offrire una sanatoria sulle quote di pensione divenute indebite, purtroppo senza alcun risultato.
Tuttavia, qualsiasi tipo di sanatoria sarà solo un palliativo fintanto che non venga estirpata la causa che provoca il formarsi degli indebiti, vale a dire lo scarto di tempo che intercorre tra la formazione del reddito e il successivo riscontro sulle pensioni.
Il problema scotta non solo per l'Inpdap ma anche per l'Inps. Lo stesso Consiglio di Vigilanza di questo Istituto ha denunciato pubblicamente che il sistema di verifica dei redditi incide nell'economia delle famiglie e su persone spesso di età elevata. Mentre oggi le banche dati fiscali (730, Unico, Casellario delle pensioni, indici Isee ecc.) consentono un controllo dei redditi aggiornato e tempestivo. Inoltre, per diverse prestazioni il beneficiario deve dichiarare il reddito presunto dell'anno in corso, col rischio di doverlo correggere l'anno successivo. Anche su questo aspetto un disegno di legge (n. 1577/Senato) per semplificare il sistema non ha avuto miglior fortuna delle proposte per la sanatoria.
Part time. Appuntamento con il part time il prossimo 15 marzo. E' questo il termine per presentare le domande per l'insegnamento a orario ridotto nell'anno scolastico 2008/2009, cioè dal prossimo 1° settembre. Il part time interessa anche i docenti di religione, laici e religiosi, già immessi in ruolo. La riduzione del servizio è concessa per un minimo di due anni scolastici e si estende, in proporzione, alle attività accessorie e complementari della cattedra. Dopo i due anni si può richiedere il ritorno al tempo pieno. La retribuzione col part time si riduce in proporzione, ma non le ferie che si riducono solo col part time orizzontale (riduzione di orario tutti i giorni). Il docente part time può svolgere un'altra attività lavorativa, a condizione che questa non entri in conflitto di interesse con gli obblighi di servizio e che ne sia data comunicazione al dirigente scolastico entro 15 giorni dall'inizio della stessa attività.
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