Infanzia
mercoledì 3 luglio 2024
Del poeta americano Howard Nemerov ricopio un verso: «and memory that makes things miniature», la memoria che riduce le cose a miniatura. Riferita all’infanzia, l’effetto per me è al contrario un ingigantimento. Non tanto perché la taglia minima mostrava colossali gli adulti e i luoghi. Immensa è stata l’infanzia per quanto conteneva. Un soldatino di piombo era tutte le guerre, un trenino elettrico tutte le stazioni e i viaggi. In un bambino si concentra ogni possibile sua vita futura. Crescendo le sue variabili si riducono a quella realizzata, disperse le altre. Da bambino mi piacevano alcuni giocattoli non i libri. Li cominciai con sforzo per imitazione del gesto di mio padre. Rientrava dal lavoro e si metteva a leggere su una poltrona. Si isolava, si separava. Volevo provare anche io. Dal gesto ricalcato al gusto di conoscere una storia scritta è passata l’infanzia, che termina a dieci anni. È stata un’epoca grandiosa, diventavo quello che leggevo. Del me stesso mi importava la possibilità di non esserlo più, potendo impersonarmi in qualunque personaggio del libro che leggevo. Saltavo da uno all’altro, per la durata della lettura ero ognuno di loro. Poi non più: mi sono limitato a essere un lettore di storie, rimanendo me stesso. Perciò considero l’infanzia non una miniatura, ma un’immensità capace di essere innumerevole. © riproduzione riservata
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