Devo all'ultima pagina del «diario di una catechista» che Assunta Steccanella tiene su "Vino Nuovo" ( tinyurl.com/yd5vpnsu ) la scoperta dell'esistenza, in Rete, delle «beatitudini dell'educatore».
La versione che vi si cita, prossima a quella deposta nel 2008 tra i "Ritagli" di Qumran.net ( tinyurl.com/y9layl6n ), non ha né madre né padre, ma ce n'è un'altra attribuita a san Giovanni Battista Piamarta ( tinyurl.com/y9tyj4ef ): non sarà un caso se la casa editrice che egli inventò, la Queriniana, ha in catalogo un volume, a firma di Pier Giordano Cabra, intitolato appunto "Le beatitudini di un educatore". Il contesto della citazione è un corso per catechisti, e in effetti queste beatitudini sono esplicitamente indirizzate a chi educa alla fede; ciò non esclude che possano confermare nel suo difficile e prezioso lavoro ogni educatore. D'altra parte, i catechisti soffrono oggi della stessa sindrome dei loro colleghi insegnanti (di primo e secondo grado, fa poca differenza): talvolta approdati in aula per vocazione, talaltra per assenza di alternative (quante parrocchie offrono solo il catechismo a chi si fa avanti per un servizio?), sono schiacciati tra le critiche dei genitori "impegnati" che al posto loro saprebbero meglio cosa dire e fare e la delega in bianco dei genitori "lontani" che «basta che arrivino a fare la cresima». Finisce che solo i ragazzi, nei loro modi a volte strambi ma sinceri, li ripagano delle tante fatiche. Dunque: beati loro, che «evitano la tentazione delle scorciatoie, delle minacce, dei ricatti e prediligono la convinzione, il dialogo, la pazienza», e che sono perseguitati «dal tempo che non basta mai; dall'amore per quei bambini che "se non ci fossero" e invece ci sono; dalla tentazione di lasciare, ma che ricominciano sempre». Sono – conclude Assunta Steccanella, che di catechisti è davvero un'esperta – «un popolo meraviglioso». Bisognerà dirglielo, almeno ogni tanto.
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