La filiale italiana di un colosso tedesco della logistica commissariata per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta. Una maxi confisca di beni per un ammontare di circa 150 milioni di euro a Palermo. Due episodi tra i maggiori di questi giorni che dicono molto su quanto ancora oggi (forse più di ieri) la malavita organizzata continui a fare affari con l'agricoltura e l'agroalimentare. E, appunto, quanto le cronache restituiscono rappresenta due esempi chiari e importanti. A finire in amministrazione giudiziaria chiesta dal tribunale di Milano, per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta, è stata la filiale italiana della DB Schenker (circa 1.400 dipendenti in Italia, 37 filiali e centinaia di milioni di euro di fatturato all'anno). L'azienda è una delle più importanti fornitrici di servizi logistici a numerose aziende ortofrutticole italiane (come ha fatto notare il Corriere Ortofrutticolo in una dettagliata analisi). Lo stesso provvedimento è stato applicato anche ad un'altra azienda, la Aldieri Spa. Certo, occorre precisare subito: le due società non sono indagate. È stata però sottolineata «una condotta quanto meno gravemente negligente, per omesso controllo, posta in essere da esponenti della società muniti di potere decisionale che hanno intessuto e mantenuto stabili rapporti d'affari» con chi era già «stato condannato irrevocabilmente per associazione mafiosa e estorsione aggravata dal metodo mafioso, oltre a essere stato sottoposto a misure di prevenzioni personali patrimoniali».
Coldiretti, partendo da una delle ultime confische di beni a mafiosi in Sicilia, in una nota allarga il campo e spiega: «Dalle aziende agricole ai supermercati l'agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un business criminale che ha superato i 24,5 miliardi di euro». Non solo caporalato, quindi, ma un sistema organizzato di malaffare che in alcune aree la fa da padrone imponendo, per esempio, l'utilizzo di specifiche ditte di trasporti, o la vendita di determinati prodotti.
La malavita organizzata, in altri termini, non si è fatta prendere dallo smarrimento di fronte alla pandemia e alla guerra Russia-Ucraina ma, anzi, comprende molto bene la strategicità del settore in tempi di crisi. E la facilità con la quale, attraverso l'agroalimentare, è possibile infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana delle persone. Lo sa bene anche lo Stato. Ma la sfida da vincere riguarda tutti.
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