Cresce la produzione di mais in Italia e diminuisce ? seppur leggermente ? il deficit con l'estero dell'intero comparto cerealicolo. Si tratta di due segnali che il settore fornisce e che possono avere tutto sommato risvolti positivi per la nostra agricoltura, sempre che siano ben governati.
Secondo l'Ismea quest'anno in Italia dovrebbero essere stati prodotti circa 10,5 milioni di tonnellate di mais (il 6,7% in più rispetto allo scorso anno).
È il risultato della crescita delle rese per ettaro, ma anche della quantità di ettari messi a coltura oltre che di una diversificazione produttiva consueta per il settore. Nel Nord-Ovest, infatti, l'Ismea stima un aumento del 10% su base annua, meno rilevante l'aumento nelle regioni del Nord Est, area in cui gli investimenti sono cresciuti del 4%, e dove il raccolto dovrebbe superare quest'anno i 5 milioni di tonnellate (+5,6% rispetto il 2007). Quasi un tracollo, invece, si è verificato nel Sud con un calo del 6% della produzione da attribuire alla flessione degli investimenti (-11%), compensata solo in parte da un aumento del 6% delle rese medie.
Ciò che conta di più, tuttavia, sono gli effetti che la crescita generale dei raccolti di mais sta avendo sul mercato. Secondo l'Ismea, infatti, l'esordio della campagna di commercializzazione 2008/09 ha ovviamente evidenziato un andamento in forte calo dei listini all'origine nelle principali piazze italiane. In base ai calcoli dell'Istituto nel settembre 2008, la quotazione media del mais ibrido nazionale, pari a 149 euro/tonnellata, ha registrato una flessione del 20% rispetto al mese precedente e del 36% rispetto al settembre 2007.
Il settore maidicolo, poi, deve fare i conti con il resto del comparto che, a sua volta, gioca buona parte della sua partita in stretto collegamento con i mercati internazionali. Secondo l'Anacer (l'Associazione nazionale dei cerealisti) da questo punto di vista le cose sono lievemente migliorate: nei primi sette mesi dell'anno, il saldo valutario netto è migliorato arrivando a -116,9 milioni di euro, contro i -137,4 milioni di euro dello stesso periodo del 2007. È il frutto del -4,8% delle importazioni e del +8,5% delle esportazioni che ha premiato di fatto i nostri produttori.
Sarà però ancora una volta la capacità previsionale degli agricoltori a fare la differenza, soprattutto per il mais. I primi dati che arrivano dal mercato possono essere giudicati "pesanti" anche se in parte erano prevedibili. Soprattutto, rischiano però di far nuovamente mutare orientamento ai produttori che stanno già pianificando le semine della prossima campagna.
Oscillazioni troppo forti nelle scelte colturali possono portare il prossimo anno a balzi eccessivi di prezzo che nuocerebbero come i forti ribassi attuali. Si creerebbero ulteriori sollecitazioni e tensioni sul fronte dei prezzi, alla produzione e al consumo, che fornirebbero altri spunti di attrito lungo la catena alimentare: proprio ciò di cui i mercati agricolo e agroalimentare non hanno bisogno.
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