Per una decina di anni, il fumettista Stan Lee si è divertito ad apparire nei film ispirati alle imprese dei suoi supereroi. Una consuetudine iniziata nel 2008, con la prima trasposizione cinematografica delle avventure di Iron Man, e proseguita fino al 2018, quando Lee è morto all’età di 95 anni. Si tratti della rivisitazione pop delle saghe norrene o delle esuberanze adolescenziali di Spider-Man, Lee non perde occasione per fare irruzione. Più ancora degli occhiali da sole e dei baffi immacolati, a renderlo inconfondibile è il sorriso da bambino impenitente. Si direbbe quasi che la figura sapienziale del puer senex (fanciullo con saggezza di vecchio, vecchio con innocenza di fanciullo) si sia manifestata nella nuovissima Hollywood degli effetti speciali e delle scorribande lungo il multiverso. Anche quando c’è da fare un cameo Lee ha uno stile tutto suo, che coinvolge ulteriormente lo spettatore e ne esige la complicità. In più di un’occasione, infatti, capita che il fumettista sia scambiato per qualcun altro. Per il giornalista televisivo Larry King, per esempio, o per qualche altra celebrità dello star system statunitense. Ogni volta Lee lascia fare, senza dare segni di preoccupazione per il momentaneo calo di celebrità. Del resto, che gioco sarebbe se ci si prendesse troppo sul serio?
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