venerdì 18 marzo 2011
Se è vero che il sonno della ragione genera mostri, dobbiamo sempre pensare che anche il sonno della giustizia ci può, per piccoli gradi quasi inavvertiti, precipitare nella mostruosa vergogna della camera a gas.

Ci sono persone "laiche" dalla straordinaria caratura morale da diventare esemplari anche per i credenti. Dopo tutto, un ateo come lo scrittore francese Albert Camus arrivava al punto di affermare: «Come essere santi senza Dio: è questo il problema maggiore della vita». Oggi propongo le parole di una di queste figure, lo storico e giurista piemontese Alessandro Galante Garrone (1909-2003), parole tratte da un suo saggio intitolato Amalek, nome del popolo tradizionalmente nemico dell'Israele biblico. Chiara è la lezione che ci viene offerta: a produrre mostruosità non è solo l'accecamento della ragione, ma anche il torpore di una giustizia lenta e inerte. Su questo tema non c'è molto da aggiungere soprattutto qui in Italia ove il fare giustizia segue ritmi eterni e procedure interminabili.
C'è, però, un inciso che mi colpisce: «per piccoli gradi quasi inavvertiti» la società precipita nel male, nella vergogna e nella perversione della stessa umanità. È proprio nell'inavvertenza impercettibile dei piccoli passi verso il basso che si nasconde il dramma del nostro tempo. Non si hanno atti clamorosi come una guerra o violenze estreme su intere classi sociali ridotte in schiavitù. È, invece, una goccia dopo l'altra che perfora la coscienza personale e collettiva, smagliandola fino al punto di renderla incapace di reagire all'ingiustizia o all'infamia. Si diventa non tanto immorali in modo consapevole e quindi capaci di un sussulto, quanto piuttosto amorali, sonnolenti appunto e indifferenti. E una volta precipitati in questa insensibilità, la voce della coscienza si fa afona o indistinguibile.
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