“Il sogno” di Benigni: una efficace divulgazione
sabato 22 marzo 2025
Da un punto di vista strettamente televisivo Il sogno di Roberto Benigni (mercoledì sera su Rai 1 e ora su RaiPlay) è di una semplicità disarmante: una sola persona in scena in abito scuro e camicia sbottonata; poche inquadrature sotto la sapiente regia di Stefano Vicario che alterna figura intera, mezzo busto, rari primi piani e breve carrellata sulla platea; scenografia in legno, bella ma essenziale, firmata da Chiara Castelli; luci efficaci senza effetti particolari; solita marcetta iniziale sulle note di Nicola Piovani; una brevissima anteprima registrata (si veda la diversa microfonatura); infine, due ore e un quarto di diretta senza stacchi né interruzioni pubblicitarie; primi quindici minuti di monologo comico secondo tradizione e poi 120 di orazione civile sull’Europa, la guerra e la pace. Bilancio: quasi 4 milioni e 400 mila telespettatori con uno share superiore al 28%. Il che vuol dire che si può fare televisione anche senza sfarzi o mirabolanti soluzioni tecniche. Certo non tutti davanti alle telecamere sono Benigni, non tutti hanno le sue doti affabulatorie, la sua capacità mnemonica (i vari espedienti per aiutare la memoria). Se non suonasse fuori luogo, visto l’argomento della serata, verrebbe da dire che l’attore e regista toscano è una “macchina da guerra”. Lo si era già visto con La Divina Commedia, I dieci comandamenti, La Costituzione italiana e Il Cantico delle creature. A fare ulteriore differenza, oltre alla bravura del diretto interessato, è questa volta il contesto, quello all’esterno dello spettacolo televisivo, ovvero il fatto che il tema dell’Europa è al centro del dibattito di questi giorni, compresi i duri scontri in Parlamento sul cosiddetto Manifesto di Ventotene dal quale (ad opera di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni confinati sull’isola durante il fascismo) nacque l’idea (“Il sogno”, stando al titolo del programma) dell’unità europea. Di certo la riflessione su Ventotene, trattando il tema dell’Europa, Benigni l’aveva prevista da tempo. Resta da capire se invece la presidente del Consiglio sapesse del contenuto del monologo e di conseguenza che la “provocazione strumentale” della mattina alla Camera dei deputati prendesse di mira anche lo spettacolo della sera su Rai 1. Benigni ha comunque evitato ogni riferimento diretto alle parole di Giorgia Meloni, limitandosi a raccontare come quel testo firmato da «tre eroi», a parte alcuni passaggi obsoleti dovuti al periodo storico in cui fu redatto (1941), contenga ancora un’idea centrale attualissima basata sulla giustizia sociale, sul rispetto dei diritti umani e sull’incontro tra culture e cittadini. In definitiva, al netto di un po’ di retorica, soprattutto nella parte finale del monologo (scritto con Michele Ballerin e Stefano Andreoli), Benigni ha confermato anche in questo caso le sue straordinarie qualità di alta divulgazione. © riproduzione riservata
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